Villa Cusani Tittoni Traversi a Desio è, dopo la Villa Reale di Monza, uno dei più monumentali esempi di villa di delizia del territorio a nord di Milano. Innestata all’interno di un “borgo” e dotata di un significativo parco pertinenziale di grande unicità ed eleganza, la villa narra anche l’evoluzione del gusto estetico avvenuto nelle principali corti europee e, soprattutto, all’interno delle famiglie nobili e borghesi lombarde. Lo stretto rapporto tra il complesso architettonico e il suo “intorno” è sottolineato dalla rilevanza architettonica del prospetto meridionale della Villa, con affaccio sul parco di pertinenza: la facciata posteriore presenta un’impostazione tipicamente neoclassica, al centro della quale si staglia un avancorpo tripartito disegnato dall’architetto, decoratore e artista Pelagio Palagi, cui il ricco Giovanni Traversi affidò l’incarico di rinnovare la villa, allo scopo di dare risalto al proprio prestigio sociale ed economico.
Al Palagi si deve anche la scelta di collocare ai lati della breve scalinata che conduce al giardino, due grandi statue raffiguranti le allegorie dell’“Amicizia” e dell’“Ospitalità” che, oltre ad avere una intrinseca valenza estetica e decorativa, svolgevano anche una funzione prettamente didascalico-politica: entrambe le sculture costituivano infatti un evidente monito per chi si accingeva ad entrare nella dimora dei Traversi, cui veniva ricordato di non tradire la fiducia dei propri anfitrioni per non incorrere nelle severe punizioni narrate anche dalla mitologia greco-romana. Il concetto più antico di ospitalità si rifaceva infatti alla “xenia” del mondo classico, una legge non scritta di protezione degli antichi viaggiatori, secondo la quale l’ospite era sacro e protetto dagli dei a prescindere dalla sua identità, ma anch’esso legato ad un vincolo di fiducia con il padrone di casa, che se rotto poteva portare alla morte, come ben espresso dall’esempio di ospitalità tradita dei Proci a casa di Ulisse.
Le due sculture furono realizzate intorno al quarto decennio del XIX secolo: l’Allegoria dell’Amicizia fu commissionata allo scultore Antonio Galli nel 1846 e da lui consegnata nel 1849 per il prezzo convenuto di lire 6000. L’Allegoria dell’Ospitalità fu invece realizzata nel 1849 da Luigi Marchesi, fratello del più noto scultore Pompeo Marchesi, con cui condivise tipologia di carriera e committenze. La vicenda artistica dei due fratelli si svolse infatti a cavallo di due periodi storici radicalmente diversi, corrispondenti a livello storico-politico al rinnovamento napoleonico e alla dominazione austriaca: se fino agli anni Trenta del XIX secolo aveva dominato incontrastata la cultura neoclassica in continuità con l’insegnamento del grande Canova, nei decenni successivi si ravvivò in Milano uno spirito più tipicamente romantico, in accordo con i fervori rivoluzionari dei moti di indipendenza.
Pittore per diletto ma figlio e fratello di scultori, Luigi frequentò, come Pompeo, l’Accademia di Brera di Milano dove apprese le tecniche scultoree di chiara impostazione neoclassica con grande profitto.
Nel 1823 entrò a far parte di un folto gruppo di scultori milanesi operanti presso la Fabbrica del Duomo, presso la quale gli furono commissionate oltre trenta statue delle più svariate dimensioni di soggetto sacro; lo stesso anno intervenne anche nella decorazione delle cappelle del Sacro Monte di Varallo, realizzando nove sculture in terracotta raffiguranti la scena della Deposizione di Gesù nella Sindone. Al pari del fratello, molte sue sculture furono esposte nelle sale di Brera per essere ammirate dai contemporanei e i suoi meriti furono tali da fargli guadagnare la nomina di Socio d’Arte dell’Accademia, uno tra i titoli più stimati tra gli artisti.
Oltre che con i gruppi scultorei a tuttotondo, Luigi si misurò anche con l’altorilievo, ancora una volta in aperto confronto con le opere del fratello Pompeo, divenuto celebre proprio per la sua capacità di trattare il marmo facendo emergere le figure dal fondo con un forte aggetto e con una particolare sottolineatura dei contrasti tra luci ed ombre.
Celebre in questo senso il rilievo da lui realizzato per la fronte dell’edificio dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano, commissionato dalla Contessa Laura Visconti Ciceri, fondatrice dell’Ospedale Fatebenesorelle, insieme al gruppo della Carità e al monumento alla memoria della figlia Ciceri Ala Ponzone, realizzati tra il 1838 e il 1843 e dunque di poco precedenti l’opera di Villa Cusani Tittoni Traversi. La sempre crescente richiesta di opere da parte di privati cittadini e da più prestigiosi committenti pubblici, spinse entrambi i fratelli Marchesi a dividere la propria produzione ricercando effetti assai differenti per stile e linguaggio estetico-figurativo: da un lato le opere neoclassiche per le committenze ufficiali o celebrative, nelle quali ancora veniva fatto largo uso di panneggi all’antica e pose oratorie; dall’altro le opere più personali, nelle quali gli scultori cercarono di abbandonare lentamente la linea propagandistica per dedicarsi all’espressione di una maggiore umanità e all’indagine psicologica dei personaggi raffigurati.
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