Nel primo riquadro della parete settentrionale sono raffigurati “Romolo e Remo allattati dalla Lupa” sullo sfondo di un paesaggio boschivo con, sul fianco destro, la personificazione del fiume Tevere. Segue l’episodio del “Sacrificio di Numa Pompilio”, con in primo piano la presentazione del vitello cinto di alloro e l’accensione del braciere sacrificale, su uno sfondo caratterizzato dalla presenza di pioppi cipressini, piante da sempre legate al tema dell’espiazione.
Sulla parete orientale sono raffigurate le azioni di altri due sovrani. A sinistra, l’“Attività edilizia di Anco Marzio”, con l’edificazione delle mura serviane, della torre marzia e del primo ponte di pietra. In evidenza sono qui ritratti due architetti che correggono un progetto, mentre sullo sfondo è visibile il porto di Ostia. A destra, “La Riforma del Senato romano”, evidente allegoria dell’omonima struttura di governo milanese di cui Bartolomeo III Arese era divenuto presidente nel 1660. Nel riquadro è rappresentato l’ingresso del re, circondato dai neoistituiti littori coi relativi fasci, affiancato all’immagine di un carro trainato da buoi che ricorda l’esilio verso Tarquinia di chi vi si era opposto.
La parete meridionale presenta sulla sinistra la raffigurazione dell’“Esecuzione dei figli di Bruto”, decapitati su ordine del padre per aver cercato di reintrodurre il dominio dei Tarquini contro la Repubblica. La scena è ambientata su un cielo grigio popolato da corvi, che amplificano il tono macabro già sottolineato dalle teste mozzate dei protagonisti. Sulla destra è, invece, dipinta “La distruzione di Cartagine”, allusione alla mutevolezza della sorte: la città brucia sulla sinistra della composizione mentre, sulla destra, il comandante romano Scipione circondato dai suoi ufficiali declama il celebre lamento sulla caducità della fortuna.
La parete occidentale è, infine, occupata dalle vicende degli ultimi due re di Roma, celebri nel mondo occidentale sia per le attività belliche che per la loro statura di uomini di cultura. Sulla sinistra compare “Il naufragio di Cesare”, che porta in salvo la spada e il libro a simboleggiare il grande apporto da lui fornito alla guerra e alla letteratura, testimoniato in maniera esemplare nei suoi scritti. Simbolicamente la scena rappresenta anche il modello della corretta amministrazione politica, poiché essa si basa su leggi certe scritte nei codici (principio ricordato dal libro), per il rispetto delle quali è possibile impiegare anche la forza, iconograficamente richiamata dalla spada, che funge anche da monito ai nemici del senato milanese. Sulla destra è, invece, raffigurato “Augusto che chiude le porte del tempio di Giano instaurando la pace”. Il sovrano, reduce della battaglia di Azio, per celebrare l’ingresso in un nuovo periodo di pace ordina la chiusura del Tempio di Giano, una delle più antiche divinità italiche, portatore della civiltà e delle leggi fra i popoli primitivi del Lazio e protettore dei momenti di passaggio e dei nuovi inizi.