I mesi successivi

14S I mesi successivi (1) 1-76
Il giorno 11 ottobre 1976 un gruppo di sfollati della “Zona A” rioccupò pacificamente parte della zona inquinata e bloccò temporaneamente la superstrada Milano-Meda. I dimostranti chiedevano alle autorità di bonificare immediatamente il territorio, di rientrare al più presto nelle abitazioni e di riaprire al traffico Corso Isonzo, per permettere il collegamento diretto con il centro di Seveso. Dopo estenuanti trattative, solo a tarda sera gli occupanti decisero di abbandonare la zona inquinata, con la promessa da parte delle autorità di aprire subito una via di comunicazione tra Baruccana e Seveso e di studiare un sistema con i rappresentanti degli sfollati per bloccare la superstrada fino a bonifica avvenuta.

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Un altro motivo di contrasto tra l´organo regionale e la popolazione di Seveso fu la scelta di privilegiare, tra le varie ipotesi per effettuare la bonifica del territorio, la costruzione di un forno inceneritore per eliminare la diossina. Alla fine di agosto la Regione aveva chiesto al Comune di Seveso di esprimere un parere in merito alla collocazione nel territorio sevesino di un impianto di incenerimento che avrebbe occupato un´area di 36.000 m². Il Consiglio Comunale, con una sola astensione, determinò di collocare il forno in una zona ubicata a nord del cimitero.
Questa decisione fu contestata dalla popolazione a tal punto che il Consiglio Comunale di Seveso, il 14 novembre, decise di abrogare quanto deciso il 29 agosto e di chiedere alla Regione Lombardia e alla Provincia di Milano di sospendere l´appalto per la costruzione del forno inceneritore e di accogliere la proposta di bonifica del “Comitato di coordinamento cittadino”. Quest´ultimo aveva suggerito il metodo dello scarico controllato, cioè di risolvere il problema con il collocamento del materiale inquinato in cassoni di cemento armato, stagni, antisismici e totalmente o parzialmente incassati nel terreno, coperti di terra e di verde. Secondo la proposta del comitato i cassoni avrebbero dovuto essere collocati sul terreno dell´ICMESA.
Tutto ciò contribuì ad acuire il senso di sfiducia nei confronti degli organi centrali che era parzialmente emerso nei primi giorni dopo l´incidente e che costrinse più volte gli organi centrali ad emanare “rassicurazioni” circa la propria attività. A novembre apparve sui muri del paese un manifesto a firma di Golfari, il presidente della Giunta Regionale della Lombardia, che si concludeva così: “Cittadini di Seveso! Per evitare confusione di notizie vi terremo periodicamente informati con manifesti. La Regione, infatti, è l´unica autorità che può dirvi come stanno realmente le cose. Mentre noi contiamo sul vostro senso di responsabilità, voi potete contare sempre sul nostro impegno e sulla nostra solidarietà”.
Nel mese di dicembre del 1976 si rinnovò la protesta della popolazione con un nuovo blocco della superstrada Milano-Meda motivando tale gesto riproponendo le ragioni già espresse in precedenza, concentrandosi, soprattutto, contro l’ipotesi di edificare il forno inceneritore. Questa ennesima protesta dei cittadini di Seveso comportò una durissima presa di posizione di Golfari che dichiarò al ‘Corriere della Sera’: “In questa faccenda della diossina, finora siamo andati alla ricerca del consenso, ci siamo sforzati di stimolare la partecipazione. Fin troppo. Adesso però bisogna prendere decisioni definitive con o senza il consenso della popolazione. Tutta questa storia è ormai avvelenata dall´ideologia e l´ideologia con la diossina ha poco a che vedere. Adesso basta: i programmi sono stati definiti e non intendo più riaprirli. Farò eseguire la bonifica anche a costo di ricorrere alla forza pubblica”.
Più oltre il presidente della Giunta Regionale rilevava poi che dai manifesti di protesta della gente di Seveso era scomparso il nome dell´ICMESA e dalla Givaudan e appariva sempre solo la Regione, “con strane convergenze, come per esempio, l´acquisto delle case contaminate trattato direttamente dalla Givaudan con gli avvocati dei sindacati”. La posizione di Golfari, inoltre, si concludeva affermando: “La disgrazia di Seveso è un evento pubblico, non può essere privatizzato. La Givaudan deve venire qui, in Regione e trattare con noi, accordarsi con noi. Certamente tutta la questione è complessa i problemi e le direzioni in cui muoversi sono mille. Però bisogna stare bene attenti e non lasciare spazio per le speculazioni. E in questa faccenda ci sono linee traverse, interessi disparati che si intrecciano, confondono i giochi e che non so neanch´io dove vadano a parare.
Sembra quasi che siamo stati Rivolta ed io ad uccidere le mucche del seminario, che hanno avuto il fegato spaccato dalla diossina, o a bruciare la faccia dei bambini ricoverati. Sembra quasi che la diossina l´abbia sparsa la Regione Lombardia e non l´ICMESA. Ora io non so se la Givaudan abbia avuto una parte attiva in questo gioco delle tre tavolette. Di certo so che la Givaudan intasca gli utili della scemenza altrui”.