L’accostamento dell’immagine del Sole a quella del carro è molto antica ed appartiene a culture anteriori a quella greco-romana. Nella mitologia norrena dei paesi nordici, ad esempio, il Sole era rappresentato dalla dea Sól (sposa di Glenr e figlia di Mundilfoeri) che ogni giorno solcava la volta celeste sul suo carro trainato dai due fidi destrieri Arvakr e Alsviör. Simili rappresentazioni sono presenti anche nell’arte rupestre scandinava dove sono note incisioni che raffigurano il disco crociato del sole che poggia su simbolici carri sono trainati da cervi o cavalli. Nella cultura mitologica greco-romana, che nei secoli successivi ha avuto forte influenza nell’iconografia e nella pittura nobiliare lombarda, la divinità dell’astro solare è identificata da Hêlios, il viandante del cielo che si muove su una quadriga trainata da bianchi cavalli.
Una figura ben nota anche agli archeologi delle culture orientali in cui, talvolta, il mito del carro solare si intreccia con quella della nave che solca il mare celeste connettendosi al mito della morte e della rinascita quotidiana.
Celebri sono le raffigurazioni egizie, nelle quali il disco solare compare unito alla leonessa Sekhmet o affiancato da Amon (originariamente “solo” il dio dell’aria, poi associato con Ra e divenuto Amon-Ra) dipinto di profilo che guarda ad occidente con alle spalle il faraone o un nobile defunto. Anche i lituani, i lettoni, i latgolici, i jotvingi, i galindi e, più in generale, i popoli baltici, opposero all’immagine del carro solare delle culture occidentali le raffigurazioni della nave solare in cui Saule (=sole) veleggia su un’imbarcazione d’oro, sebbene egli sia spesso rappresentato da una ruota di carro. A Saule si affianca Perkūnas, divinità del fuoco, dei fulmini e della guerra, che quotidianamente liberava il sole dall’oscurità consentendo la rinascita con l’alba e l’aurora. Era dunque questo dio liberatore che veniva raffigurato su un carro armato di una grande ascia.
La diffusa cultura figurativa di questi popoli, tuttavia, non influenzò l’arte italiana dei secoli successi che, invece, trae ancora le sue origini in quella greco-romana. Le immagini presenti nei palazzi nobiliari lombardi, quindi, si rifanno ad una solida cultura classica che, in parte, si rifaceva anche alla mitologia greca antica in cui Helios (dio del sole) non abitava in mezzo agli uomini, urbanizzati o dispersi nelle campagne, ma viveva lontano da essi, che lo adoravano immaginandolo come un giovane possente dalla capigliatura raggiata che viaggiava su una irruente quadriga.
Queste rappresentazioni, insieme a quelle determinate dallo speciale culto di cui questa divinità godeva a Rodi, dove era stato effigiato nel celebre colosso, nei secoli successivi assunsero sempre maggior vigore fondendo l’immagine di Helios con Apollo (originariamente dio di tutte le arti, delle scienze mediche e della divinazione) e con altre divinità.
Il suo culto divenne teologicamente così importante per la cultura classica che influenzò anche quella romana, in cui venne venerato, soprattutto in età imperiale, come divinità suprema, giovane, splendente e sovente raffigurato nell’atto di scagliare frecce mortali e pestilenziali contro i nemici o proprio nell’atto di guidare un carro trainato da due o quattro cavalli.
A queste ultime raffigurazioni, dunque, si riferiscono le diffusissime rappresentazioni del Carro del sole tardo-rinascimentali, quando il tema divenne parte di temi iconografici complessi che interessavano la decorazione di interi palazzi, apparendo sulle volte e sui soffitti delle nobili dimore.
Collocato prevalentemente al centro della copertura, il carro del Sole era sovente governato da divinità mitologiche attorniate da una moltitudine di personaggi che donano alla scena nuovi significati simbolici ed allegorici. Queste decorazioni, infatti, spesso sono caratterizzate da una sovrabbondante presenza scenografica di amorini, figure discinte, elementi paesaggistici, ghirlande e personaggi afferenti ai committenti e alle loro famiglie nobili.
Tra le principali rappresentazioni di carri solari dipinti tra il Cinquecento e il Settecento non si possono non menzionare le pitture della Camera del Sole e della Luna all’interno di Palazzo del Tè a Mantova, realizzate secondo tradizione da Francesco Primaticcio su disegno di Giulio Romano, e gli affreschi che Giambattista Tiepolo eseguì nel 1740 all’interno di Palazzo Clerici.
Non meno significativi per valore artistico e simbolico sono le raffigurazioni legate al carro solare presenti all’interno di alcuni palazzi briantei e di ville gentilizie lombarde.
Nella volta della “Sala Aurora” di Palazzo Arese Borromeo a Cesano Maderno, è ad esempio raffigurata l’Apparizione del Carro solare all’Aurora, opera attribuita a Giovanni Stefano Doneda detto il Montalto. Qui, davanti al carro dorato di Apollo, l’Aurora danza con le mani piene di fiori circondata da amorini, mentre la dea Minerva indirizza verso il carro il giovane Giulio II Arese. Il dipinto simboleggia, dunque, la salda conoscenza e la grande saggezza raggiunta dalla famiglia Arese, che governava con sapienza Cesano Maderno e lo Stato di Milano, simbolicamente identificando l’aurora di una nuova epoca di prosperità con l’arrivo al potere della famiglia aresiana. Nel dipinto è infatti Minerva, dea dell’intelligenza e della saggezza a guidare Giulio II verso la luce della conoscenza rappresentata dal carro del Sole, così come sarà l’intelligenza a guidare il Re di Spagna nella scelta di fidati consiglieri per mantenere il suo regno. L’affresco, realizzato nel XVII secolo, presenta un elaboratissimo valore iconografico con differenziate possibilità di lettura, che spaziano dal racconto didascalico alla simbologia iniziatica riservata a coloro che conoscevano molto bene la storia e gli accadimenti della famiglia committente.
Meno legata all’ideologia di stato, ma ugualmente diretta a manifestare la gloria del casato, appare la decorazione dipinta nel “Salone dei Galliari” di Villa Arconati a Castellazzo di Bollate. In essa le due scene principali raffigurate sulla volta sono legate al mito del disubbidiente Fetonte, che, contro il volere del padre Apollo, volle condurre il carro solare precipitandone al suolo dopo aver bruciato parte della volta celeste e della terra. La scena, divisa sui due lati del salone, mostra sulla sinistra Fetonte che chiede il permesso ad Apollo di poter guidare per un giorno il carro solare trainato dai bianchi cavalli, e sulla destra, il giovane che cade al suolo colpito da una saetta di Zeus. La decorazione del Salone fu voluta da Giuseppe Antonio Arconati, che per la sua realizzazione chiamò nel 1750 i fratelli Galliari, pittori di origine piemontese specializzati in scenografie teatrali, illusioni architettoniche e quadrature prospettiche dipinte.
Alla stessa committenza è probabilmente da ascrivere anche l’altro Carro di Apollo dipinto sul soffitto dello “Scalone” che collega il piano terra al piano nobile della medesima nobile dimora. Qui, tramite un oculo prospettico aperto in una finta architettura, è possibile veder muovere in un cielo azzurro e limpido il carro del dio con un monumentale Sole infuocato trainato da cavalli.
Per ulteriori approfondimenti tematici sui Carri solari dipinti all’interno delle Ville afferenti al sistema: