Sala Museo

21 Sala Museo (3)

 

All’interno dell’imponente complesso di Bollate la famiglia Arconati costituì una collezione tra le più prestigiose nella Lombardia del Sei-Settecento. L’iniziatore della raccolta fu certamente Galeazzo Arconati, posto da bambino sotto la tutela del cugino, il cardinale Federico Borromeo, il quale ebbe un’influenza determinante sulle sue future scelte artistiche. A tali predilezioni si aggiunsero i numerosi viaggi giovanili compiuti a Roma, in ottemperanza alla tradizione del periodo e in risposta al percorso formativo tradizionale dell’aristocrazia e nobiltà milanese dell’epoca.

Continua
Questi primi contatti con l’antico lo portarono ad essere un grande appassionato di opere d’arte e lo resero protagonista della scena artistica milanese del XVII secolo. Galeazzo fece, ad esempio, edificare un apposito museo all’interno della villa: un lungo salone rettangolare decorato con stucchi a rilievo in medaglioni di diverse forme, rappresentanti scene di sapore storico e mitologico, con riprese di figure provenienti dal mondo greco e romano.
Oggi al centro della parete principale di questo ambiente si distingue un busto contenuto in un medaglione di marmo ovale, sorretto da quattro putti a rilievo e circondato da un drappo, che rappresenta proprio Galeazzo Arconati: un omaggio fattogli dai discendenti e corredato di iscrizione dedicatoria datata 1753. Sul lato destro della sala si apre una nicchia che ospita tutt’ora uno dei pezzi più famosi della collezione, la statua di Pompeo Magno. Lo spazio è dipinto a finti rilievi rappresentanti aquile romane, armature e due figure maschili racchiuse in nicchie dipinte, mentre sullo sfondo un illusorio gioco di aperture apre una veduta architettonica nella quale si riconoscono colonnati con capitelli dorati, parapetti istoriati e un edificio aperto verso l’alto da un vano quadrato. Sul soffitto della nicchia, decorato a finti rilievi a stucco con fiori e simboli che rimandano alla guerra, è dipinta una scena di combattimento tra l’esercito romano, di cui si vede lo stendardo con la scritta “SPQR“, e una popolazione nemica che viene palesemente sconfitta.
Secondo quanto narrato dai cronisti dell’epoca, la collezione Arconati vantava opere dei più grandi artisti italiani, tra i quali il Parmigianino e Tiziano, ed era impreziosita anche da rarità, come alcune significative sculture di epoca romana e le formelle e sculture della tomba di Gaston de Foix, opera di Agostino Busti detto il Bambaja. Queste ultime appartenevano al momento funebre mai terminato ed oggi conservato al Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco di Milano, che Giuseppe Maria Arconati, nipote di Galeazzo, riconobbe come di particolare valore acquistandolo nel 1690 dal monastero milanese di Santa Marta. In quello stesso anno egli allestì anche un Gabinetto per accogliere i pezzi più significativi della collezione, che poteva un tempo vantare anche il “Codice Atlantico” di Leonardo da Vinci, poi donato nel 1637 alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, e acquistato da Galeazzo Arconati in data imprecisata dagli eredi di Pompeo Leoni.