Originario dei Paesi mediterranei orientali e introdotta in Italia ai tempi dei Fenici, il cipresso è oggi un’essenza vegetale molto diffusa nei giardini di delizia lombardi e nel tessuto nazionale naturalizzato. Il cipresso, infatti, è considerato un’essenza arborea caratteristica dell’Italia mediterranea.
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Il viale d’ingresso alla “Corte nobile”, che collegava Villa Crivelli Pusterla alla città di Limbiate, venne dotato di un filare di cipressi (Cupressus sempervirens) oggi totalmente scomparso. A rammentare quella significativa presenza rimangono oggi alcuni esemplari di questa conifera di fronte ai padiglioni interni dell’ex ospedale psichiatrico provinciale.
I cipressi all’interno di ciò che resta del giardino romantico della villa, ampiamente trasformato tra la fine dell’Ottocento e nel corso del Novecento, presentano una forma piramidale, a fiamma e i loro rami sono eretti e appressati al tronco. La chioma infatti si presenta strettamente affusolata e protesa verso l’alto. Si tratta di una specie monoica: i fiori maschili, giallastri, si trovano all’apice dei rametti, mentre quelli femminili hanno una colorazione brunastra. Le foglie squamiformi, di colore verde cupo, sono disposte su quattro file. I frutti, invece, sono detti coni e possiedono un colore verde chiaro quasi argentato che, quando sono immaturi, presentano squame appressate, mentre quando sono giunti a maturità, lignificano e le squame si aprono per lasciare cadere a terra i semi.
La corteccia, grigio bruna, presenta lunghe fessure. Il legno è molto duro ed era usato dalle popolazioni mediterranee per costruzioni di ogni genere ed era apprezzato per la fabbricazione di mobili, poiché l’odore aromatico del legno è un naturale tarmicida.
Secondo alcuni autori antichi, le piantagioni di cipresso purificano l’aria e i medici orientali consigliavano alcuni malati di visitare l’isola di Creta, dove queste piante erano molto abbondanti.
Le foglie e i frutti contengono un olio essenziale molto aromatico con cui i Romani preparavano profumi. La tintura di cipresso, in infusi o decotti, ancora oggi, è impiegata per la cura e protezione dei capillari, mentre l’essenza dei rami è utile come sedativo per la tosse.
Il cipresso è sempre stato considerato un albero funebre, come ricordano diversi poeti greci e latini.
Ovidio racconta nelle “Metamorfosi” che il giovane Ciparisso, uccise per errore il cervo dalle corna d’oro, suo inseparabile compagno. Disperato decise di morire anche lui e chiese agli dei solo un privilegio dopo la morte: di poter mostrare un lutto eterno e venne così mutato nell’albero che porta il suo nome.
Questo simbolismo funerario non trova riscontro in Oriente, dove, per il suo aspetto vagamente fallico, è considerato l’albero della fertilità. Era anche l’immagine vegetale dell’immortalità a causa delle foglie persistenti tipiche dei sempreverdi e del legno considerato incorruttibile, nel quale erano stati intagliati la freccia di Eros, lo scettro di Zeus e la mazza di Ercole.
Nei secoli passati la diffusione di file di cipressi per indicare i viali che conducevano alle ville di delizia e alla dimore storiche nobiliari lombarde fu importato dalla Toscana, dall’area del lago di Garda e dal Veronese, dove i cipressi storicamente adornavano con eleganza i poggi e viali d’ingresso.
I cipressi all’interno di ciò che resta del giardino romantico della villa, ampiamente trasformato tra la fine dell’Ottocento e nel corso del Novecento, presentano una forma piramidale, a fiamma e i loro rami sono eretti e appressati al tronco. La chioma infatti si presenta strettamente affusolata e protesa verso l’alto. Si tratta di una specie monoica: i fiori maschili, giallastri, si trovano all’apice dei rametti, mentre quelli femminili hanno una colorazione brunastra. Le foglie squamiformi, di colore verde cupo, sono disposte su quattro file. I frutti, invece, sono detti coni e possiedono un colore verde chiaro quasi argentato che, quando sono immaturi, presentano squame appressate, mentre quando sono giunti a maturità, lignificano e le squame si aprono per lasciare cadere a terra i semi.
La corteccia, grigio bruna, presenta lunghe fessure. Il legno è molto duro ed era usato dalle popolazioni mediterranee per costruzioni di ogni genere ed era apprezzato per la fabbricazione di mobili, poiché l’odore aromatico del legno è un naturale tarmicida.
Secondo alcuni autori antichi, le piantagioni di cipresso purificano l’aria e i medici orientali consigliavano alcuni malati di visitare l’isola di Creta, dove queste piante erano molto abbondanti.
Le foglie e i frutti contengono un olio essenziale molto aromatico con cui i Romani preparavano profumi. La tintura di cipresso, in infusi o decotti, ancora oggi, è impiegata per la cura e protezione dei capillari, mentre l’essenza dei rami è utile come sedativo per la tosse.
Il cipresso è sempre stato considerato un albero funebre, come ricordano diversi poeti greci e latini.
Ovidio racconta nelle “Metamorfosi” che il giovane Ciparisso, uccise per errore il cervo dalle corna d’oro, suo inseparabile compagno. Disperato decise di morire anche lui e chiese agli dei solo un privilegio dopo la morte: di poter mostrare un lutto eterno e venne così mutato nell’albero che porta il suo nome.
Questo simbolismo funerario non trova riscontro in Oriente, dove, per il suo aspetto vagamente fallico, è considerato l’albero della fertilità. Era anche l’immagine vegetale dell’immortalità a causa delle foglie persistenti tipiche dei sempreverdi e del legno considerato incorruttibile, nel quale erano stati intagliati la freccia di Eros, lo scettro di Zeus e la mazza di Ercole.
Nei secoli passati la diffusione di file di cipressi per indicare i viali che conducevano alle ville di delizia e alla dimore storiche nobiliari lombarde fu importato dalla Toscana, dall’area del lago di Garda e dal Veronese, dove i cipressi storicamente adornavano con eleganza i poggi e viali d’ingresso.