Sala Enea

7 Sala Enea (1)

 

A sinistra della “Rotonda del Mercurio” si staglia la “Sala Enea”, un semplice ambiente architettonico nel quale sono raffigurate ad affresco su pareti e soffitti scene che narrano le tormentate avventure del mitologico principe dei Dardani, figlio del mortale Anchise (cugino del re di Troia Priamo) e della bellissima dea Afrodite. Tra ornati caratterizzati da cornici architettoniche, mascheroni e grottesche animate da creature fantastico-mitologiche, spicca in particolar modo la scena che narra la fine della guerra di Troia, tra le cui mura è possibile vedere il famoso cavallo di legno. Nel cuore della notte, Enea viene raffigurato mentre fugge dalla città ormai in fiamme insieme al figlioletto Ascanio e all’anziano padre Anchise, che l’eroe porta sulle spalle.

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Il soffitto è decorato al centro da un cartiglio recante la scritta latina “Omnia ad empireum” (“Tutto sale al cielo”), sostenuto ai lati da quattro putti fortemente scorciati che sembrano visti dall’alto sullo sfondo di un brillante cielo azzurro. Esso costituisce il pendant del cartiglio presente nella sala posta sull’altro lato della rotonda d’ingresso, la cosiddetta “Sala degli Specchi”, ed entrambe fanno riferimento alla devozione del mecenate e padrone della villa Pirro I Visconti Borromeo, ricordando che tutte le cose discendono dal Cielo e vi fanno ritorno. Ancora una volta gli affreschi della villa, dunque, si propongo come elementi simbolici che si offrono ai visitatori di oggi, come di allora, attraverso molteplici chiavi di lettura. Oltre al piano narrativo e devozionale, le scene raffigurate in questa sala rappresentano le qualità del padrone di casa, sempre fedele alla propria famiglia ed agli amici, che come Enea è disposto ad aiutare gli altri anche nel momento del pericolo. L’eroe greco, infatti, personifica la forza sempre fedele e mai dimentica che anche nelle avversità è capace di affidarsi al volere divino, certo di una giustizia che certamente colpirà i propri nemici e chi ha vinto con l’inganno.
Questo brano pittorico viene ritenuto dalla critica opera vicina al pittore emiliano Camillo Procaccini (1561-1629), già attivo nel Ninfeo tra il 1587 e il 1589, che probabilmente eseguì insieme ai propri collaboratori la regia decorativa degli affreschi realizzati al piano terra dell’ala cinquecentesca della Villa. Tra i suoi collaboratori, almeno due sono certamente registrati nelle note dell’amministrazione di Pirro intorno gli anni 1602 e 1603: i meno noti Agostino Lodola e Giovan Battista Maestri, detto il Volpino.
Le pareti si presentano ad oggi aperte da finestre e porte che conducono al parco sul retro e all’ala settecentesca della villa. Tra le due porte finestre che danno sul portico cinquecentesco, un tempo era collocata una stufa rivestita di elementi in cotto, che veniva caricata direttamente dall’esterno.