Sala degli Specchi

15 Sala degli Specchi (1)

 

Significativa sala del piano terra, la “Sala degli Specchi” prende il nome dalle due grandi specchiere collocate nelle pareti di minori e, come altri ambienti del piano inferiore, presenta un pavimento in terrazzo alla veneziana al quale si contrappone la grande decorazione ad affresco che si estende sul soffitto. Questa mostra la medesima impostazione della “Sala Enea”, collocata sull’altro lato della “Rotonda del Mercurio”.

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Al centro della volta compare infatti un cartiglio recante la scritta latina “Omnia ab empyreo” (“Tutto scende dal cielo”), sostenuto ai lati da quattro putti fortemente scorciati che sembrano visti dal sottinsù su un brillante fondale dorato. La due frasi fanno riferimento alla devozione del mecenate e padrone della villa Pirro I Visconti Borromeo, ricordando che tutte le cose discendono dal Cielo e vi fanno ritorno, richiamando ai nobili ospiti di Lainate, più o meno subliminalmente, che il potere raggiunto dai padroni di casa corrispondeva al volere divino dal quale discendeva anche la legittimazione al governo. Opporsi alla casata della villa lainatese, dunque, coincideva con l’opporsi al disegno salvifico di Dio.
In corrispondenza dei due lati lunghi della sala, il medaglione centrale è circondato da due ricche cornici mistilinee contenenti un’interessante variante del simbolo dei Visconti: il caratteristico Biscione che divora il bambino avvolge infatti le sue spire intorno ad una spada di colore rosso, sormontata da una corona dorata. Ai lati degli stemmi, racchiuse tra ampie cornici architettoniche decorate con animali fantastici e teste grottesche, sono invece inserite scene di caccia, per terra e per mare, segno di grande varietà stilistica e interpretativa. Nelle pitture, infatti, sono raffigurate numerose tecniche di caccia caratteristiche di differenti aree del mondo che mostrano la bravura dell’artista nel dipingere scene che spaziano dalle battute di caccia nei boschi per catturare un toro imbizzarrito, all’esotico inseguimento di struzzi bianchi a cavallo o, ancora, dalla tradizionale pesca su fiume, alla cattura alle balene in mare aperto.
La campagna decorativa risale probabilmente ad un arco temporale compreso tra gli ultimi anni del XVI secolo e i primi anni del XVII. La critica tende ad assegnare l’esecuzione degli affreschi alla regìa di Camillo Procaccini (1561-1629), già attivo nel Ninfeo tra il 1587 e il 1589, che qui si fece quasi sicuramente affiancare da aiuti per la realizzazione delle volte di tutte le stanze del piano terra dell’ala cinquecentesca. Le poche carte note dell’amministrazione di Pirro I Visconti Borromeo, registrano tra il 1602 e il 1603 i nomi degli artisti Agostino Lodola e Giovan Battista Maestri, detto il Volpino, che probabilmente collaborarono con l’artista emiliano. La straordinaria qualità delle scene di caccia, che non si limitano alla tradizionale pesca con le reti o alla caccia con i cani ma restituiscono un certo gusto fiabesco e un interesse per il “raro e meraviglioso” tipico dell’epoca, hanno portato la critica a suggerire l’intervento anche del fratello di Camillo, il più giovane Carlo Antonio Procaccini (1571-1630), maestro sia nel campo della natura morta che dei paesaggi.