Roverella (Quercus Pubescens)

39 Z Quercus pubescens (2) foglia quercus pubescens

 

A testimonianza della vitalità del parco pertinenziale di Villa Visconti Borromeo Litta vi sono anche i lavori di ampliamento del giardino all’inglese progettato nel 1932 dall’architetto Giuseppe Tramajoni che lo arricchì con nuove specie arboree.
In quest’area le leggere pendenze del terreno mettono in risalto gli alberi ad alto fusto, che consentono di passeggiare all’ombra, allietati dai giochi di luce creati dai raggi del sole che filtrano nelle chiome di faggi, tigli, tassi, frassini, aceri e querce.

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Queste ultime sono alberi maestosi che appartengono alla famiglia delle Fagaceae, da sempre considerati simbolo della forza in ragione della folta chioma aperta.
Nella Roverella (Quercus pubescens) le foglie sono alterne e lobate con picciolo pubescente (piccola peluria), come la pagina inferiore delle foglie più giovani. È una quercia ad accrescimento assai lento e limitato. Grandi esemplari di alto fusto si trovano con una certa frequenza nei parchi delle ville antiche sebbene ampio impiego ne è stato fatto nel XX secolo, come attesta la sua presenza anche nel Bosco delle Querce di Seveso.
Tutte le specie del genere Quercus sono monoiche e anemofile, cioè disperdono il polline aiutati dal vento. I frutti, chiamati ghiande, sono delle noci racchiuse in una cupola più o meno sviluppata, che con il tempo lignifica.
La ghianda della roverella è allungata e protetta fino a quasi metà da una cupola a squame, regolari ma non molto rilevate. La roverella è stata a lungo utilizzata per l’alimentazione dei suini; del resto, la paleontologia ci ha indicato che le ghiande erano mangiate dagli uomini primitivi e dalle persone in tempo di guerre e carestie.
La sua imponenza e longevità, insieme ai tanti doni che offre a uomini e animali, hanno ispirato il simbolo del padre, celeste e terreno; e conseguentemente quello della sovranità sia divina sia terrena.
Oltre a ragioni estetiche e culturali la diffusione della quercia nelle proprietà della nobiltà e borghesia europea è legata anche al notorio impiego della sua corteccia nell’ambito della conceria delle pelli. Questa parte della quercia, infatti, è ricca di tannino, una sostanza indispensabile per rendere morbide le pelli. Dopo averle ammorbidite in una fossa di calce e aver rimosso i peli e i residui di carne, infatti, le pelli venivano immerse in bagni di cortecce di querce schiacciate. Il cuoio che ne risultava veniva poi sciacquato e lasciato asciugare, assumendo specifiche proprietà in funzione della durata e della quantità di corteccia di quercia presente nelle vasche di immersione.