Stanza dipinta ad architettura con colonne

Interamente decorato ad affresco, questo ambiente è costituito da un volume architettonico quadrangolare di contenute dimensioni caratterizzato dalla presenza di ornamentazioni non in perfetto stato di conservazione. L’impianto decorativo riprende quello delle stanze limitrofe ed è costituito da eleganti quadrature architettoniche, con colonne doriche che scandiscono una serie di finestre dipinte con vedute paesaggistiche, che poggiano su un basamento dipinto a finto marmo e che risultano sormontate da un ricco fregio con metope e festoni.

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Su ogni parete si aprono due finestroni dipinti, il primo dei quali rappresenta un’ampia finestratura con sfondato paesaggistico. Il secondo riquadro, invece, è affrescato sopra la porta che immette agli altri locali del palazzo e rappresenta una piccola apertura mistilinea dalla quale è possibile intravedere un finto cielo azzurro.
Sulla parete settentrionale e orientale l’artista frescante ha dipinto due golfi, caratterizzati dalla presenza di rovine di classica rimembranza e di imbarcazioni chiamate “galeazze”, ovvero galee da guerra particolarmente impiegate nel Mediterraneo a partire dal XVI secolo. Sulle restanti pareti, invece, sono dipinti due paesaggi boschivi, tra cui compaiono ancora ruderi architettonici e una chiesa dalle chiare reminiscenze medievali.
L’amore per i paesaggi in rovina riprende il gusto estetico diffuso all’epoca di Bartolomeo III Arese che sembra qui prediligere gli edifici diroccati, soprattutto quelli di chiara provenienza dal mondo antico, come simbolo della caducità dei progetti umani, con chiari riferimenti alla storia personale e familiare. Le pitture di questa sala, giudicate dagli storici piacevoli e meritevoli di attenzione, celano un complesso percorso iconografico ancora pienamente da indagare che culmina con la riproposizione del Mausoleo di Alicarnasso e che, per citare solamente il caso della parete orientale, si basa sulla ostentazione del tema delle imbarcazioni e delle navi, da intendersi quale simbolo “ossessivamente” riproposto della drammatica storia della casata aresiana. Qui, infatti, si propone la contrapposizione tra navi distrutte e navi capaci di regge le tempeste: le prime si dirigono verso una torre distrutta, simbolo della forza umana, mentre la seconda naviga verso un edificio religioso, simbolo della fede e della certezza del disegno salvifico divino.
La critica, in consonanza con quanto già segnalato nelle stanze adiacenti, ha anche qui proceduto con l’assegnazione dei dipinti al fertile connubio lavorativo tra Giovanni Ghisolfi (1623-1683) e la nota dinastia di quadraturisti lombardi dei Mariani, che vi lavorarono verso la metà della settimo decennio del Seicento.