Stanza detta ‘del Castello’

43CE Stanza detta del castello (1)

 

La “Stanza detta ‘del Castello'” prende il nome da uno dei quattro grandi dipinti con cornici poligonali che decorano il centro delle pareti, raffiguranti, in senso orario partendo dall’estremità settentrionale: Palazzo Arese Borromeo di Cesano Maderno prima della costruzione della “Loggia”, i feudi collocati nel basso Verbano, il palazzo cesanese dopo l’aggiunta della “Loggia” e il Castello Sforzesco di Milano.

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Tali quadri sono in realtà dipinti ad affresco sulle pareti, illusionisticamente appesi con nastri di colore rosso a finti ganci metallici inseriti in un alto fregio sostenuto da colonne ioniche richiniane, caratterizzate da un piccolo festone che unisce le volute del capitello. Questa trabeazione è decorata con una successione di ricche cornici contenenti paesaggi boschivi con rovine, alternate a peducci ornati da festoni che, a loro volta, sostengono un secondo fregio con decori floreali.
Come autore di questa complessa e articolata scenografica pittorica, la critica suggerisce un artista vicino alla nota dinastia di quadraturisti lombardi dei Mariani, che qui probabilmente lavorò su progetto del milanese Giovanni Ghisolfi (1623-1683), formatosi a Roma e attivo in molte sale del piano nobile di Palazzo Arese Borromeo. La data di esecuzione dell’opera è, invece, suggerita dagli stessi ‘quadroni’, che collocherebbero l’opera cesanese intorno alla metà degli anni sessanta del XVII secolo. La doppia veduta della nobile dimora gentilizia cesanese, infatti, mostra due fasi distinte di costruzione del complesso architettonico. Nel primo riquadro è possibile osservare l’assenza dell’ala orientale caratterizzata dalla “Loggia”, collocando il dipinto entro il 1660. Il secondo pannello, che rappresenta una veduta del palazzo a volo d’uccello pone in primo piano il fronte dell’edificio prospiciente il giardino, con la caratteristica “Loggia” a tre arcate e la sopraelevazione del salone da ballo oggi noto come “Sala dei Fasti romani”, eseguita dopo il 1660. Anche il Castello Sforzesco di Milano si presenta nell’aspetto che possedeva durante la dominazione spagnola, quando l’edificio militar-nobiliare era circondato da una fortificazione a stella a dodici punte, collocando il dipinto in un’epoca successiva al 1656, come si può arguire dalla presenza di un particolare rinforzo alla struttura costruito entro tale data da Giacomo Prestino.
Più singolare è, invece, la veduta dall’alto del Lago Maggiore e della rocca borromaica d’Angera, riconoscibile per la caratteristica sagoma della fortezza e del borgo. All’estremità sinistra, invece, appare Arona, circondata dai colli su cui si erge il Sacro Monte. L’intero bacino è caratterizzato da una certa approssimazione prospettica, sebbene sia evidente che la realtà geografica sia qui sottomessa ad alcune esigenze iconografico-rappresentative. Questo affresco, infatti, appare fortemente caratterizzato da un preciso impianto simbolico che allude alla fecondità della casata borromaica. La presenza, ad esempio, di due cicogne che volano nel cielo, costituisce un evidente richiamo alla dinastia dei Borromeo, che in quegli anni era percorsa da una serie di diatribe interne inerenti le proprietà territoriali di Angera e Arona. Non bisogna, inoltre, dimenticare l’importanza sia del Verbano che del Castello Sforzesco per la corona spagnola, qui dipinte a perenne ostentazione della fedeltà dei nobili proprietari di Cesano alla casa reale di Spagna.