Sala dei Fasti romani: Iulo Ascanio abbandona Lavinio per fondare Alba Longa

35CE Ascanio abbandona Lavinio per fondare Alba Longa (3)

 

La parete settentrionale della “Sala dei Fasti romani” è dominata al centro dall’articolato episodio raffigurante Iulo Ascanio, figlio di Enea, che alla morte del padre viene dissuaso dal dio Mercurio dall’ampliare la città paterna Lavinio, per fondare una nuova capitale.

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Il messaggero degli dei gli appare in volo, con le ali ai piedi e in mano il caduceo, bastone-scettro avvolto dalle spire di due serpenti, suo caratteristico attributo iconografico. Accanto a lui, tra le nubi, una serie di amorini si abbracciano e si inseguono, portando tra le mani delle rose. Alla scena assistono anche un compagno d’armi di Iulo, posto dietro le sue spalle con una lancia in mano, e una donna con il proprio figlio, seduta nell’angolo in basso a destra della composizione, circondata da altre tre figure femminili disposte intorno a lei. Sullo sfondo, tra i due piccoli gruppi di figure, è visibile in lontananza un edificio in costruzione, simbolo della fondazione di Alba Longa e nello stesso tempo preciso riferimento simbolico al nuovo palazzo che gli Arese avevano edificato a Cesano Maderno.

In questo modo il personaggio di Iulo si identificherebbe con lo stesso Bartolomeo III Arese, richiamando la sempre presente connessione tra episodi mitologici e religiosi con fatti e personaggi realmente esistenti dell’epoca. La critica ha suggerito anche un secondo livello di interpretazione dei personaggi qui dipinti, che vede in Iulo Ascanio il giovane conte Giulio II Arese, chiamato precocemente (qui dalla divinità Mercurio) ad abbandonare i propri cari e i luoghi a lui destinati per eredità familiare, come il palazzo di Cesano Maderno, per via della morte sopraggiunta nel 1665. Se questa interpretazione fosse accettata, le figure femminili sulla destra potrebbero identificarsi con la madre di Giulio II, Lucrezia Omodei Arese (qui in veste di Lavinia, moglie di Enea) e le sorelle Margherita e Giulia, il cui affetto si concentra ora su un nuovo bambino (Silvio, fratellastro di Iulo). Quest’ultimo potrebbe identificarsi sia con il nuovo erede di Bartolomeo III, Renato II Borromeo, scelto dopo la morte dell’amato figlio, così come con il “celebre” bambino Carlo II d’Asburgo, ultimogenito e unico figlio maschio del sovrano Filippo IV di Spagna, a sottolineare l’imperitura fedeltà degli Arese alla monarchia iberica.

Il riquadro dipinto è stato attribuito alla mano di Ercole Procaccini il Giovane (1605-1680) per le tonalità cromatiche impiegate nella composizione, per le caratteristiche smorfie degli angeli e per le similitudini dei volti delle figure qui affrescate con altri suoi lavori. In quest’opera l’artista milanese si trovò a collaborare con il celebre quadraturista Giovanni Ghisolfi, autore della riquadratura architettonica che circonda l’episodio e con il pittore Antonio Busca, cui sono attribuite le due pseudo statue che circondano l’arco in cui è inserita la scena e le raffigurazioni della fondazione di Roma.