Posta marginalmente dal nucleo centrale del palazzo, la “Ghiacciaia” è una struttura ipogea realizzata all’interno dei fabbricati settentrionali di servizio, oggi trasformati negli eleganti ambienti dell’Hotel Parco Borromeo. Questo ambiente è stato ritrovato nell’ultimo decennio del Novecento, in un momento quindi successivo all’acquisizione pubblica del palazzo e del giardino, durante alcuni lavori di ricognizione e di sistemazione dei volumi architettonici pertinenziali.
Si tratta di un particolare ambiente per lo stoccaggio della neve di cui, peraltro, non mancano altri casi nell’area milanese e lombarda, dove la giasera – in superficie o sottosuolo – era presente nelle maggiori dimore padronali e cascine. Non deve dunque sorprendere se alcune ghiacciaie sono presenti all’interno delle ville afferenti al sistema delle Ville gentilizie, poiché, ad esempio, oltre a quella cesanese, esiste una significativa ghiacciaia anche nel complesso architettonico di Villa Arconati a Bollate, sebbene dimensionalmente più contenuta.
Durante la stagione invernale l’ambiente veniva riempito di neve che, pressata, assumeva la consistenza del ghiaccio. La massa così ottenuta, frequentemente di spessore di alcuni metri, si manteneva a lungo, sin quasi a giungere con gli ultimi resti sino alla stagione invernale successiva, avendo così asservito pienamente allo scopo di refrigerare gli ambienti contigui, cantine e dispense, e di fornire quantitativi di ghiaccio raccolti a blocchi allo scopo di rinfrescare alimenti e bevande da consumare durante la calda stagione.
La struttura in muratura di laterizi e pietra è organizzata su un complessivo impianto quadrangolare all’interno del quale, distribuiti su diversi livelli, sono collocati gli spazi circolari della ghiacciaia e della sottostante cantina, originando un sistema estremamente funzionale per l’accessibilità agli spazi destinati alla conservazione di vivande e bevande in ambiente fresco, complesso pur nella semplicità della costruzione.
Ambiente principale della ghiacciaia è l’invaso a forma di tronco di cono rovesciato – profondo 5,60 metri e con diametro superiore pari a 8,15 metri, ridotto alla base a 5,35 metri – costituito da una muratura continua di laterizi a vista. All’intorno, a quasi dieci metri di profondità, è organizzata la cantina a pianta circolare, una sorta di ampio camminamento a galleria dal quale si accede ai vani dove erano collocate le botti, poste su due sostegni di pietra opportunamente sagomati.
Ai primi interventi di messa in sicurezza della struttura, la proprietà ha fatto seguire all’inizio degli anni duemila le opere di restauro conservativo, affidate all’architetto cesanese Fiorenzo Barindelli, titolare di Studiosette. L’iter progettuale ha visto la partecipazione dei diversi soggetti coinvolti nell’impresa in un unico e coerente percorso, con soluzioni, componenti e materiali uniformate al recupero degli ambienti, rispettandone architettura e memoria storica.
Accanto al legno e al porfido pavimentale sono soprattutto le componenti di metallo e cristallo ad aggiungersi all’antico, dalla curvilinea addossata alla parete conica al coperchio del pozzo e al tavolo centrale, cogliendo la bellezza dello spazio sotto gli effetti di scenografiche luci.
Complessa da datare, la “Ghiacciaia” aresiana fu probabilmente realizzata tra la seconda metà del Seicento e la prima metà del secolo successivo. Se il fabbricato soprastante la ghiacciaia risulta individuato nella mappa di Carlo VI disegnata nel 1722, non di meno ne fa esplicita menzione Ferrante Baselino, illustre membro del Collegio dei Ragionati di Milano, cui Renato III Borromeo Arese affidò l’incarico di redigere l’inventario dei beni di palazzo, per poi cadere, nei secoli successivi, nell’oblio.
Oggi, l’architettura e le dimensioni della “Ghiacciaia” appaiono adeguate all’importanza del gran palazzo nobiliare, che poteva contare anche su una seconda più piccola ghiacciaia collocata nel sottosuolo del “Tempietto del Fauno”, al vertice nord-orientale del giardino.