1977. La sfiducia aumenta

Seveso - manifestazione di protesta
Seveso – manifestazione di protesta

 

Il 17 gennaio 1977 la Regione Lombardia approvò la legge n. 2 che, secondo quanto prescritto dalla disposizione che aveva convertito il decreto legge dell´agosto 1976, definì i programmi operativi di intervento da sottoporre all´approvazione del Consiglio Regionale e introdusse procedure semplificate in materia di urbanistica, contabilità, assunzione di personale e controllo sugli atti. Ciascun programma operativo doveva determinare gli obiettivi specifici da raggiungere, le competenze dei vari enti rispetto agli interventi da effettuare nell´ambito del programma operativo stesso, i tempi di attuazione di ciascun intervento e l´ammontare delle somme destinate ai singoli interventi. Mentre la struttura regionale si stava organizzando anche a livello legislativo, nei primi mesi del 1977 le autorità dovettero affrontare il problema degli ingressi abusivi nella zona inquinata da parte degli sfollati, situazione che si ripeteva ormai da molti mesi. Tra il settembre del 1976 e il febbraio del 1977 gli organi preposti al controllo della “Zona A” denunciarono infatti più volte la presenza di persone non autorizzate.

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L´entrata abusiva nella “Zona A” era favorita anche dallo stato in cui si trovavano “le recinzioni in filo spinato in gran parte divelte se non addirittura mancanti”. Per prevenire questo fenomeno il 15 febbraio 1977 il prefetto affidò all´esercito la vigilanza esterna dell´area maggiormente inquinata. Il compito fu assegnato al comando del Terzo corpo d´armata, che assunse la completa responsabilità e la direzione della vigilanza della zona insieme ai carabinieri. Questa decisione fu adottata su richiesta di Golfari “ritenuta l´assoluta necessità di vietare qualsiasi abusivo ingresso nella zona anzidetta di persone e autoveicoli” che potevano “diffondere all´esterno gli effetti nocivi delle materie tossiche”.
Il ritorno dell´esercito a Seveso e a Meda per sorvegliare la zona inquinata contribuì ad aumentare la tensione, già alta nella zona a causa dello stallo delle operazioni di bonifica, dell´aumento dei casi di cloracne riscontrati nei bambini e con la rilevazione della presenza di diossina nelle scuole. Come sottolineò il “Corriere della Sera” l´11 febbraio 1977: “Oltre duecento bambini colpiti da cloracne secondo i dati ufficiali delle prime visite in alcune scuole elementari. Tremilasettecentocinquanta metri cubi di materiale organico contaminato e in putrefazione in attesa di essere bruciato in un inceneritore che è ancora nel mondo delle intenzioni. Un esercito di topi richiamato dai rifiuti e tanta paura, tanto disorientamento in una popolazione colpita da un male a cui finora nessuno ha potuto o voluto dare una dimensione. Questo è il bilancio che si deve tirare a sette mesi esatti dall´incidente di Seveso. Restano fuori dal conto le polemiche, tante e le buone intenzioni, i progetti troppe volte annunciati e non ancora realizzati”. Anche il sindaco di Seveso fece rilevare la difficoltà del momento asserendo: “Sette mesi vissuti tutti con angoscia, con paura, con la forza dei nervi che ti tiene su e questo, sicuramente, è il momento più brutto. Cosa faccio, adesso? Vado via? Mi sembrerebbe una diserzione. Eppure certe volte la tentazione è forte. La gente è in subbuglio. C´è panico dove prima c´era l´indifferenza, il menefreghismo. C´è anche rabbia. Una grossa, grossissima sfiducia nelle istituzioni”.
Pochi giorni dopo, il 17 febbraio 1977, in una lunga intervista a Giampaolo Pansa sempre per il “Corriere della Sera”, il sindaco ribadì tutta la sua difficoltà nella gestione di una vicenda così complessa, dove i diversi “attori” in campo cercavano di “difendere” le loro ragioni con la forza del loro peso, come il gruppo Roche che era “una forza potente” ancora attiva a Seveso. Egli rivelò anche che sospettava, pur senza avere prove certe, che le tendenze minimizzatrici sugli effetti della diossina provenissero proprio dalla Givaudan. Nella medesima intervista il sindaco di Seveso auspicava la creazione a Seveso di un “centro operativo-organizzativo” che coordinasse tutto il lavoro e affrontasse i molteplici aspetti del problema.