Restaurata recentemente, la “Sala del frammento” consente oggi l’accesso alle sale dell’ala settecentesca della villa adibite a “Museo della Stampa”, e deve il suo nome alla decorazione parietale estremamente lacunosa. Pochi sono infatti i lacerti rimasti dell’originaria affrescatura delle pareti che, concordemente con le pitture eseguite nelle altre stanze dell’ala cinquecentesca, mostrano la passione del committente Pirro I Visconti Borromeo per il ricco e affascinante mondo delle grottesche.
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La volta della stanza, in parte ancora intatta, mostra infatti una complessa decorazione caratterizzata da animali fantastici e mostruosi con teste all’antica. Questi sono avvolti, nell’intorno, da ricche cornici a volute, all’interno delle quali si stagliano raffigurazioni di paesaggi campestri e animali simbolici. Singolare è la presenza, in uno dei tondi angolari, di un elefante intento ad abbeverarsi. L’elefante, simbolo della memoria e della magnificenza principesca, appare criptico nella sua valenza iconografica, sebbene non si possa escludere che qui il pachiderma sia stato dipinto con precise implicazioni araldiche o allegoriche, che oggi tuttavia sfuggono, anche a causa della parziale perdita di leggibilità della scritta latina posta sul cartiglio dipinto sopra di esso. Un analogo cartiglio è posto in un altro dei tondi angolari, nel quale è dipinto un paesaggio dominato dalla chiusa di un fiume con la scritta in lettere capitali “Ne nimio noceat” (“non troppo nocivo”).
La medesima decorazione a cornici, volute e racemi floreali, invece, doveva probabilmente ricoprire anche la superficie delle pareti, dove oggi rimangono solo lacerti raffiguranti una maschera africaneggiante e uno stemma con corona dorata che sormonta alcune lettere capitali. Tra queste sono chiaramente riconoscibili solo la “V” e la “B”, probabile riferimento alle famiglie dei Visconti e dei Borromeo.