Il piano terra dell’ala settecentesca si compone di undici stanze, il cui aspetto definitivo venne raggiunto tra gli anni 1784 e 1796 a seguito di numerose modifiche del precedente arredamento, che ad oggi si conosce solo grazie agli inventari della famiglia Visconti Borromeo Litta eseguiti nella prima metà del XVIII secolo.
L’attigua “Sala delle Virtù” viene descritta in un inventario del 1753, fatto realizzare due anni dopo la morte di Giulio Visconti Borromeo dalle figlie eredi e maritate ai Litta, come occupata da un grande ritratto del nobile di ignoto artista e da altri otto ritratti di Casa Litta realizzati dal Cavalier Rusca. In questa stanza era situato un grande camino in pietra, che potrebbe essere a buon diritto identificato con l’attuale, recante la data 1722 sulla piastra post-fuoco collocata sulla parete di fondo. Sia la cappa del camino che le pareti sono decorate con corone di alloro e nastri che circondando scudetti all’interno dei quali campeggiano su fondo rosso le scritte “Amore”, “Virtù”, “Onore”, “Lode” e “Gloria”, da cui l’attuale denominazione della stanza.
La vicina “Sala del Sole“, restaurata nel 2007, è ornata sulla parete destra dalla presenza di un grande camino in marmo rosa. L’ambiente prende il nome dalla decorazione pittorica realizzata al centro del soffitto, raffigurante la “raza viscontea”, il sole raggiante, che costituiva l’emblema della famiglia Visconti. Utilizzata come impresa da Gian Galeazzo Visconti, la “raza” o “radia magna” era in epoca rinascimentale simbolo del potere irradiato dal Duca di Milano: egli infatti, come il sole, costituiva una fonte di vita per i suoi sudditi e rappresentava un simbolo di giustizia, poiché come il sole separa la luce dalle tenebre, il Signore di Milano esercitava la giustizia separando il bene dal male. Legittimato il suo potere nel 1395, Gian Galeazzo trascese la condizione umana per assumere quella divina, propria dei sovrani e dell’imperatore stesso: la sua immagine venne quindi assimilata a quella del Cristo-Re, sole di giustizia che, al suo sorgere, illuminava il Duomo (la raza compare infatti al centro della vetrata centrale dell’abside). L’impresa settecentesca di Lainate intendeva certamente celebrare lo splendore raggiunto da questo Visconti, che trasformò la signoria in un vero e proprio regno con tanto di diritto ereditario.