Teatro di Diana

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Il “Teatro di Diana”, situato nella porzione orientale del parco attiguo alla villa, fu costruito intorno al 1624 e costituisce uno dei primi interventi di ampliamento e abbellimento del complesso di delizia voluti direttamente da Galeazzo Arconati. La statua della dea della caccia, delle selve, protettrice degli animali selvatici e custode delle fonti d’acqua e dei torrenti, è modellata in stucco secondo i dettami classici dell’iconologia seicentesca, fortemente influenzata dalla trattatistica coeva e dall’opera di Cesare Ripa.

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Alta quasi cinque metri, la raffigurazione di Diana è posta in una nicchia con abside a conchiglia ed è inserita in un’architettura in pietra caratterizzata da un vano centrale e due nicchie minori che ospitano le raffigurazioni di ninfe. Sulla destra una figura femminile appare semisdraiata, mentre, sul lato opposto, la ninfa si volta verso la dea nell’attimo esatto in cui, ai suoi piedi, un cagnolino fa capolino dalla roccia sottostante. Le due nicchie sullo sfondo lasciano intravedere la nuda roccia aggettante, da cui emergono con leggerezza le figure.
L’impianto architettonico e scultoreo del “Teatro di Diana” non costituisce certamente la pedissequa riproposizione di stilemi linguistici presenti in altri luoghi di delizia, ma certamente ammicca alle raffigurazioni di Diana ambito romano.
Qui a Bollate, la dea è raffigurata come cacciatrice, mentre stringe l’arco nella mano sinistra ed è dotata di un’ampia faretra sulla schiena. Due cani stazionano sul piedistallo accanto a lei, mentre altri due cani sono rappresentati ai fianchi del basamento. L’insieme scultoreo e architettonico è preceduto da una piccola vasca quadrilobata in pietra, il cui bordo emerge appena dal terreno, che un tempo conteneva al suo interno la scultura di un putto. Poco più avanti è la fontana principale, oggi fortemente danneggiata, che presenta una base sostenuta da quattro figure femminili mostruose, forse Erinni, che reggono sulle loro spalle alate una vasca ovale contente due figure di mostri marini con testa leonina, ali e corpi da tritone intrecciati per la coda. Di queste figure fantastiche si conserva ancora un disegno attribuito al pittore emiliano Camillo Procaccini (1561-1629), che ritrae i due animali sopra una vasca da cui zampilla acqua, molto simile a quella qui presentata. Si può dunque avanzare l’ipotesi che questa soluzione sia stata pensato o progettata dallo stesso Procaccini. Un tempo questa fontana dava origine a giochi d’acqua molto apprezzati, che dialogavano con altri nascosti nel resto dei giardini, e che riportano immediatamente alla memoria i giochi presenti a Villa Visconti Borromeo Litta di Lainate. I getti d’acqua erano regolati da un complesso meccanismo idraulico funzionante grazie ad un mulino elevatore posto dietro la nicchia principale. Piccole canne inserite nel pavimento facevano fuoriuscire zampilli di acqua inaspettati che bagnavano i nobili presenti e la pavimentazione era costituita, come usanza dei ninfei, da ciottoli di fiume di colore bianco e nero, che compongono motivi geometrico-decorativi.