Alle sale al piano terra dell’ala cinquecentesca del palazzo (una a sinistra e quattro a destra) si accede attraverso l’atrio a pianta circolare iscritto in un quadrato denominata “Rotonda del Mercurio”, la cui superficie muraria è interamente affrescata.
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Le pareti sono caratterizzate da una decorazione a specchiature geometriche, ornate al loro interno dalle insegne delle famiglie proprietarie della villa, circondate da racemi vegetali. Ai quattro lati della stanza si aprono nelle pareti nicchie inquadrate da edicole dipinte sul cui timpano poggiano stemmi familiari. Esse sono decorate al loro interno con vasi e nature morte, sormontati da una conchiglia posta in corrispondenza della calotta della nicchia.
Al centro della cupola è affrescata una mirabile visione dal sottinsù raffigurante Hermes, divinità greca corrispondente a Mercurio nella cultura degli antichi romani, che svetta al centro di un’esedra dorata sorretta da otto gigantesche colonne purpuree che si elevano illusionisticamente verso il cielo. Il dio, nudo e avvolto solo da un panneggio dorato, reca nella mano sinistra il tradizionale attributo iconografico del “caduceo”, un bastone alato con due serpenti attorcigliati intorno ad esso. Tale bastone rappresentava l’equilibrio e veniva esibito dal dio per dirimere le liti: Hermes infatti, in quanto messaggero degli dei, era considerato anche il mediatore della volontà divina presso gli uomini.
La figura venne realizzata probabilmente entro il 1589 durante la più antica campagna decorativa della villa. La critica ha variamente attribuito il dipinto al pittore lombardo Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone (1573-1626), oppure al pittore emiliano Camillo Procaccini (1561-1629), impegnato in quegli stessi anni anche nella decorazione dei soffitti del Ninfeo. Indipendentemente dall’autore dell’opera, è evidente il progetto politico-simbolico della famiglia proprietaria della villa che in questo primo ambiente di accesso al palazzo si proponeva come grande famiglia attenta all’economia e al commercio, capace di presentarsi ai suoi ospiti come possibile mediatrice di diatribe di corte, anche grazie alla propria cultura e alla fitta rete di rapporti familiari consolidatasi nel tempo.
Al centro della cupola è affrescata una mirabile visione dal sottinsù raffigurante Hermes, divinità greca corrispondente a Mercurio nella cultura degli antichi romani, che svetta al centro di un’esedra dorata sorretta da otto gigantesche colonne purpuree che si elevano illusionisticamente verso il cielo. Il dio, nudo e avvolto solo da un panneggio dorato, reca nella mano sinistra il tradizionale attributo iconografico del “caduceo”, un bastone alato con due serpenti attorcigliati intorno ad esso. Tale bastone rappresentava l’equilibrio e veniva esibito dal dio per dirimere le liti: Hermes infatti, in quanto messaggero degli dei, era considerato anche il mediatore della volontà divina presso gli uomini.
La figura venne realizzata probabilmente entro il 1589 durante la più antica campagna decorativa della villa. La critica ha variamente attribuito il dipinto al pittore lombardo Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone (1573-1626), oppure al pittore emiliano Camillo Procaccini (1561-1629), impegnato in quegli stessi anni anche nella decorazione dei soffitti del Ninfeo. Indipendentemente dall’autore dell’opera, è evidente il progetto politico-simbolico della famiglia proprietaria della villa che in questo primo ambiente di accesso al palazzo si proponeva come grande famiglia attenta all’economia e al commercio, capace di presentarsi ai suoi ospiti come possibile mediatrice di diatribe di corte, anche grazie alla propria cultura e alla fitta rete di rapporti familiari consolidatasi nel tempo.