A conclusione dello scenografico “Scalone d’onore” dell’ala cinquecentesca, nel quale campeggia il motto “Humilitas” della famiglia Borromeo, si giunge al “Corridoio delle statue”, nel quale oggi sono esposte numerose statue originali in bronzo, terracotta e marmo provenienti dalle sale del Ninfeo, nel quale sono state collocate delle copie per problemi conservativi.
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Tra le opere più rappresentative vi sono i marmi della “Venere al bagno” e il “Drago cavalcato da un putto”, entrambi provenienti dalle “Grotte Vecchie” del Ninfeo e attribuite allo scultore Marco Antonio Prestinari (morto nel 1621). Altrettanto significativo è il “Drago” in terracotta, realizzato intorno al 1585 per decorare una sala interna dei giochi d’acqua, che attesta il grande interesse di Pirro I Visconti Borromeo per le figure zoomorfe e le creature leggendarie, che nella sua idea avrebbero dovuto materializzarsi nelle grotte del Ninfeo, insieme a tutti gli animali fantastici che popolano i mosaici delle pareti, dei pavimenti e dei soffitti.
Seguono una serie di busti femminili in marmo, tra i quali spicca per bellezza il ritratto di Annia Galeria Faustina, nota come Faustina Maggiore, appartenente alla dinastia degli Antonini e zia dell’imperatore romano Marco Aurelio. Il suo volto risale al II secolo a.C. ed è collocato su un busto rifatto in epoca moderna. All’interno di due teche sono infine conservati alcuni profili di imperatori romani in marmo, un tempo incastonati nelle pareti a mosaico del Ninfeo, e una scultura in piombo raffigurante il dio “Bacco” o un “Sileno”, divinità minore dei boschi dalla natura selvaggia e lasciva, molto spesso assimilato a un satiro.
Superate le prime opere scultoree si ha accesso al “Salottino blu”, una piccola stanza le cui decorazioni su soffitto e sulle pareti sono state restaurate riproducendo l’originale stile ottocentesco, posto in corrispondenza della “Rotonda del Mercurio” del piano inferiore. Questo ambiente è caratterizzato dalla presenza di un piccolo balconcino che si affaccia sul Ninfeo e costituisce uno dei pochissimi volumi superstiti del piano nobile cinquecentesco, risparmiato dalle numerose modificazioni che hanno interessato questa parte del complesso architettonico.