Il complesso architettonico conosciuto come “Ninfeo” è costituito da una successione di sette spazi (tra cui grotte artificiali) e dodici stanze simmetricamente disposte intorno ad un ambiente ottagonale chiamato “Atrio dei quattro venti”. In tali locali erano collocate le collezioni pittoriche di casa Visconti Borromeo Litta e le raccolte di famiglia di fossili, minerali, monete, reliquie, strumenti meccanici e reperti archeologici.
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Il complesso fu costruito tra il 1585 e il 1589 per volontà di Pirro I Visconti Borromeo su progetto dell’architetto Martino Bassi (1542-1591), attivo in quegli stessi anni presso altri cantieri di proprietà della famiglia. Egli riprese qui una tipologia architettonica ispirata ad un progetto dell’architetto Sebastiano Serlio per i giardini del re di Francia a Fontainbleau, poi ampiamente diffusosi nei giardini rinascimentali e barocchi in tutta Europa.
La decorazione delle sale del Ninfeo si caratterizza per la presenza su pareti e pavimenti di mosaici in ciottoli tondi bianchi (in quarzo) e neri (in calcare) disposti a comporre complicati intrecci con motivi geometrici, girali floreali e creature leggendarie (sfingi, fauni, centauri, unicorni, draghi, serpenti, leoni, arpie, cavalli alati) che, indifferenti ad ogni gabbia o architettura, si dipanano sulle superfici senza soluzione di continuità. In questi sassi traspare dunque la conoscenza del repertorio decorativo in uso fra stuccatori, armaioli, sarti, ricamatori, orefici e incisori, dei quali Pirro I Visconti Borromeo spesso acquistava gli esemplari esponendoli accanto ai mosaici, come si trattasse di un campionario di forme e modelli decorativi.
Ancor più particolare appare la decorazione a ciottoli dipinti dei soffitti delle sale a nord, la cui tecnica assolutamente originale veniva realizzata da differenti maestranze. Il pittore delineava infatti con la tecnica dello spolvero i contorni della raffigurazione, che successivamente veniva realizzata dal mosaicista con ciottoli bianchi e tondi seguendo il disegno preparatorio. Questa base veniva poi dipinta con colori a tempera (turchese, terra di Siena, due tonalità di ocra) sfruttando il bianco naturale dei sassi per ottenere maggiori contrasti cromatici. Tale particolarissima opera fu eseguita tra il 1587 e il 1589 da Camillo Procaccini (1561-1629), pittore di origini emiliane giunto a Milano su espresso invito di Pirro Visconti Borromeo e del suo consigliere artistico Giovanni Paolo Lomazzo per lavorare tra le grotte di Lainate. Qui il giovane artista tradisce la sua passione per i dipinti di Correggio, le cui figure aeree fanno da modello per centauri, fauni e ninfe, da lui ritratti di scorcio e in torsioni sempre variate, e per le opere del naturalista Ulisse Aldrovandi, che gli fornì un vero e proprio prontuario di esseri fantastici delineati tra scienza, mito e leggenda.
Tutto il percorso all’interno del Ninfeo è arricchito inoltre dalla presenza di statue in stucco e in marmo bianco, raffiguranti prevalentemente personaggi e divinità della mitologia antica, che la critica attribuisce, per quanto riguarda i modelli e la regia generale, allo scultore lombardo Francesco Brambilla il Giovane (m. 1599), attivo anche presso la Fabbrica del Duomo di Milano.
La decorazione delle sale del Ninfeo si caratterizza per la presenza su pareti e pavimenti di mosaici in ciottoli tondi bianchi (in quarzo) e neri (in calcare) disposti a comporre complicati intrecci con motivi geometrici, girali floreali e creature leggendarie (sfingi, fauni, centauri, unicorni, draghi, serpenti, leoni, arpie, cavalli alati) che, indifferenti ad ogni gabbia o architettura, si dipanano sulle superfici senza soluzione di continuità. In questi sassi traspare dunque la conoscenza del repertorio decorativo in uso fra stuccatori, armaioli, sarti, ricamatori, orefici e incisori, dei quali Pirro I Visconti Borromeo spesso acquistava gli esemplari esponendoli accanto ai mosaici, come si trattasse di un campionario di forme e modelli decorativi.
Ancor più particolare appare la decorazione a ciottoli dipinti dei soffitti delle sale a nord, la cui tecnica assolutamente originale veniva realizzata da differenti maestranze. Il pittore delineava infatti con la tecnica dello spolvero i contorni della raffigurazione, che successivamente veniva realizzata dal mosaicista con ciottoli bianchi e tondi seguendo il disegno preparatorio. Questa base veniva poi dipinta con colori a tempera (turchese, terra di Siena, due tonalità di ocra) sfruttando il bianco naturale dei sassi per ottenere maggiori contrasti cromatici. Tale particolarissima opera fu eseguita tra il 1587 e il 1589 da Camillo Procaccini (1561-1629), pittore di origini emiliane giunto a Milano su espresso invito di Pirro Visconti Borromeo e del suo consigliere artistico Giovanni Paolo Lomazzo per lavorare tra le grotte di Lainate. Qui il giovane artista tradisce la sua passione per i dipinti di Correggio, le cui figure aeree fanno da modello per centauri, fauni e ninfe, da lui ritratti di scorcio e in torsioni sempre variate, e per le opere del naturalista Ulisse Aldrovandi, che gli fornì un vero e proprio prontuario di esseri fantastici delineati tra scienza, mito e leggenda.
Tutto il percorso all’interno del Ninfeo è arricchito inoltre dalla presenza di statue in stucco e in marmo bianco, raffiguranti prevalentemente personaggi e divinità della mitologia antica, che la critica attribuisce, per quanto riguarda i modelli e la regia generale, allo scultore lombardo Francesco Brambilla il Giovane (m. 1599), attivo anche presso la Fabbrica del Duomo di Milano.