I dipinti, per quanto siano evidenti alcuni scarti stilistici, sono caratterizzati da una medesima impostazione narrativa e da alcune comuni scelte iconografiche e tematiche, a volte di grande singolarità. Molte scene sono infatti accomunate dalla partecipazione attiva di Angeli che interagiscono con gli uomini e le donne raffigurate. La maggior parte degli episodi, inoltre, è caratterizzata dalla presenza di personaggi femminili che, con l’aiuto di Dio, agiscono di propria iniziativa. Infine, molto insistita è la presenza di simboli direttamente connessi al mistero eucaristico, tema religioso assai caro alla cultura aresiana.
L’intera navata è leggibile anche in riferimento alle storie della famiglia Arese, con particolare riferimento al dramma della morte di Giulio II Arese. Bartolomeo III Arese, è infatti identificato come figura maschile per eccellenza e tradotto nei personaggi di Abramo, Elia e Giacobbe, tutti messi alla prova dal volere di Dio in drammatiche circostanze. Le donne rappresentano, invece, la moglie Lucrezia (in veste di Giuditta), simbolo di castità; la figlia Margherita (Agar), esclusa dalla successione cesanese; e la figlia Giulia (Giaele), che scongiurerà l’estinzione della casata. Questo tema della lotta, dell’ambizione e della relativa punizione divina e del soccorso nei momenti più difficili, prosegue anche nella tribuna, dove viene dipinto “Gesù nell’orto del Getsemani” e un monocromo raffigurante “L’incontro di Gesù con Veronica”, durante la salita al Calvario. Di più difficile identificazione l’elegante giovinetto dipinto sulla parete destra, affrescato mentre entra da una finta porta con in mano una face: troppo giovane per poter essere Giulio II Arese, è stato dalla critica identificato in Carlo IV Borromeo Arese, nato nel 1657, incarnazione delle promesse divine di prosecuzione della stirpe dopo l’interruzione paventata dalla morte di Giulio II.
La cappella fu ufficialmente consacrata nel 1677, anche se è probabile che la realizzazione degli affreschi risalga a qualche anno prima, intorno alla seconda metà degli anni Sessanta del XVII secolo. La critica, infatti, attribuisce il complesso pittorico a più mani, con la predominanza del pittore Antonio Busca (1625-1686), che avrebbe eseguito le opere qui commissionategli impiegando numerosi allievi, fra cui Federico Bizzozero e Giuseppe Zanatta. Le quadrature architettoniche spetterebbero, invece, alla squadra costituita da Giovanni Ghisolfi (1623-1683) e dagli esponenti della celebre famiglia di quadraturisti lombardi dei Mariani, attivi in altre sale del piano nobile del palazzo.