Sala dei Giganti o Sala del gioco del matto

Sala del gioco del matto (o Sala dei Giganti) (3)

 

La “Sala del gioco del matto” trae la sua denominazione dalla presenza in essa, durante il Settecento, di un tavolo da gioco simile al biliardo, detto appunto “del matto”. Questo ambiente è noto anche come “Sala dei Giganti”, in ragione della decorazione pittorica realizzata nel medaglione al centro della volta, troppo danneggiato perché la critica sia concorde nell’attribuirlo a Giuseppe Nuvolone (1619-1793) o ad Ercole Procaccini il Giovane (1605-1677), entrambi pittori molto apprezzati da Bartolomeo III Arese e attivi nella decorazione di altri ambienti del palazzo.

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Tale dipinto ritrae un soggetto mitologico dalla forte valenza politica: l’”Assalto dei Giganti all’Olimpo”. La parte inferiore della scena è occupata dalla furia dei Giganti, esseri enormi armati di clava e dallo sguardo deformato dalla violenza. Ad essi si contrappone, nella parte superiore del dipinto, la schiera degli dei olimpici, che si ritraggono dietro le nuvole all’apparenza intimoriti. Solo Minerva-Atena si getta risolutamente contro gli assalitori per respingerli, raffigurata con la lancia sollevata e lo scudo protettivo ornato dalla testa di Medusa.
In alcuni testi la scena dipinta è identificata anche come Titanomachia, con il chiaro riferimento a un altro episodio mitologico di attacco dell’Olimpo di poco precedente la Gigantomachia. In svariati poemi epici viene infatti narrato, come la guerra fra gli dei capitanati da Zeus e i Titani, figli primordiali di Urano e Gea, si protrasse per oltre dieci anni fino all’intervento dei Ciclopi e degli Ecantonchiri (giganti dalle centro braccia) in favore degli dei, che imprigionarono i loro nemici nel Tartaro. Gea, la Terra, non perdonò tuttavia Zeus per la vittoria sui suoi figli e aizzò contro l’Olimpo le altre sue creature, i Giganti, anch’essi infine sconfitti e ricacciati nella profondità della terra, sotto l’Etna, con l’aiuto di Ercole, che qui compare seduto tra le nuvole nell’angolo in alto a sinistra, sopra la figura del dio Mercurio in volo.
Indipendentemente dalle incertezze iconografiche, il significato del dipinto rimane il medesimo e riprende una tematica più volte rappresentata nelle sale di questo stesso palazzo: la saggezza dei consiglieri, unita alla loro capacità bellica, come unica occasione per la monarchia spagnola di ritornare agli antichi fasti e di vincere i contrasti determinati dal conflitto franco-spagnolo. La dea Minerva, quindi, in questo affresco coinciderebbe con la figura di Bartolomeo III Arese, componente dal 1627 del Consiglio dei Sessanta Decurioni di Milano e, dal 1641, membro del Consiglio segreto e, successivamente, reggente onorario nel Supremo Consiglio d’Italia. Filippo IV d’Asburgo, noto anche come Filippo il Grande e il “Re Pianeta”, invece, sarebbe rappresentato da Giove-Zeus impegnato nella Guerra dei Trent’anni.
Di epoca settecentesca inoltrata sono invece le decorazioni della volta, dei pennacchi e delle lunette, caratterizzati da un elegante decoro floreale e da delicati monocromi raffiguranti scene paesaggistiche, in cui si alternano rovine classiche e medievali. In precedenza le lunette ospitavano una serie di dipinti di formato ottagonale raffiguranti composizioni floreali.