Caratterizzata da un imponente struttura architettonica di forte impatto visivo, Villa Arconati sorge al termine di un lungo viale prospettico, il cui asse di sviluppo è ripreso anche all’interno del parco pertinenziale, costituendo un elemento portante per la costruzione della grande dimora nobiliare bollatese.
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Sebbene il contesto agricolo sia stato parzialmente eroso con il passare dei secoli, ancora oggi la villa è inserita in un suggestivo contesto paesaggistico dal quale emerge per dimensioni ed imponenza insieme all’annesso borgo rurale e alla minuta chiesa parrocchiale. Definita “piccola Versailles”, questa villa da secoli rappresenta uno degli esempi architettonici più complessi tra le residenze gentilizie lombarde, celebrata nel Settecento anche da Marc’Antonio Dal Re come “una delle più belle e maestose delizie” del ducato di Milano. Al termine di un lungo processo edilizio la nobile dimora si sviluppò su un impianto planimetrico a “H”, la cui definizione spaziale fu determinata dalla presenza di corti attigue separate tra loro dai corpi di fabbrica principali della villa stessa.
Eretta alla fine del XVI secolo per volontà dalla famiglia Cusani, la villa fu ben presto trasformata da Galeazzo Arconati, che ne acquisì la proprietà a partire dal 1610. Per affermare il potere economico e politico raggiunto dalla sua casata, il nuovo signore ampliò l’originaria dimora per divenire anche il luogo espositivo della propria eccezionale raccolta di sculture antiche e delle collezioni d’arte e disegni, che annoveravano la celebre statua di Pompeo, ancora esistente, sotto la quale secondo tradizione fu pugnalato Giulio Cesare, e il Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, successivamente donato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano.
Ampliata per fasi successive da Giuseppe Maria e Giuseppe Antonio Arconati, la villa assunse il suo aspetto attuale nella prima metà del XVIII secolo, quando venne realizzata l’ala sud-ovest su progetto dell’architetto Giovanni Ruggeri, il cui ruolo è stato ridimensionato negli anni novanta dagli studi di Patrizia Ferrario. Il nuovo corpo di fabbrica fu disegnato in simmetria con la galleria seicentesca esistente sul lato opposto della “Corte Nobile”, introducendo nuovi ambienti di rappresentanza e un gusto estetico-figurativo tipico del periodo barocco e rococò. A questo periodo risale anche il rifacimento della facciata principale che si costituisce come esposizione del progetto politico di Giuseppe Antonio Arconati e come omaggio alla Res publica Populi Romani e al governo milanese, fondato sul Senato e sull’appoggio delle famiglie nobili lombarde. Essa, inoltre, rappresenta una rara testimonianza dell’impiego della statuaria a tutto tondo nell’ambito della decorazione delle facciate delle ville gentilizie.
Scrigno di capolavori pittorici, nella villa lavorarono numerosi artisti già attivi in ambito lombardo, tra i quali emergono, per l’importanza del contributo lasciato a Bollate: i fratelli Galliari, che nell’omonima sala eseguirono una delle loro prove pittoriche più convincenti; Giocondo Albertolli, che decorò lo “Scalone” che collega il pian terreno al piano nobile, e alcuni ignoti pittori che affrescarono la “Cappella”, la “Galleria dei ritratti” e l’”Alcova”, non senza ispirarsi alla cultura figurativa romana ed emiliana.
Estinta la famiglia Arconati , dal 1772 subentrano nella proprietà i Busca, che progettarono interventi sulla villa e il verde pertinenziale eseguiti, però, solo parzialmente intorno la metà del XIX secolo.
Perdute e disperse parti delle storiche raccolte Arconati e degli arredi originari, dal 2000 l’intero complesso è stato acquisito dalla Fondazione Augusto Rancilio, che si impegna nel restauro e recupero dei differenti ambienti della villa e partecipa attivamente al processo di valorizzazione di questa sublime architettura e del suo splendido parco.
Eretta alla fine del XVI secolo per volontà dalla famiglia Cusani, la villa fu ben presto trasformata da Galeazzo Arconati, che ne acquisì la proprietà a partire dal 1610. Per affermare il potere economico e politico raggiunto dalla sua casata, il nuovo signore ampliò l’originaria dimora per divenire anche il luogo espositivo della propria eccezionale raccolta di sculture antiche e delle collezioni d’arte e disegni, che annoveravano la celebre statua di Pompeo, ancora esistente, sotto la quale secondo tradizione fu pugnalato Giulio Cesare, e il Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, successivamente donato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano.
Ampliata per fasi successive da Giuseppe Maria e Giuseppe Antonio Arconati, la villa assunse il suo aspetto attuale nella prima metà del XVIII secolo, quando venne realizzata l’ala sud-ovest su progetto dell’architetto Giovanni Ruggeri, il cui ruolo è stato ridimensionato negli anni novanta dagli studi di Patrizia Ferrario. Il nuovo corpo di fabbrica fu disegnato in simmetria con la galleria seicentesca esistente sul lato opposto della “Corte Nobile”, introducendo nuovi ambienti di rappresentanza e un gusto estetico-figurativo tipico del periodo barocco e rococò. A questo periodo risale anche il rifacimento della facciata principale che si costituisce come esposizione del progetto politico di Giuseppe Antonio Arconati e come omaggio alla Res publica Populi Romani e al governo milanese, fondato sul Senato e sull’appoggio delle famiglie nobili lombarde. Essa, inoltre, rappresenta una rara testimonianza dell’impiego della statuaria a tutto tondo nell’ambito della decorazione delle facciate delle ville gentilizie.
Scrigno di capolavori pittorici, nella villa lavorarono numerosi artisti già attivi in ambito lombardo, tra i quali emergono, per l’importanza del contributo lasciato a Bollate: i fratelli Galliari, che nell’omonima sala eseguirono una delle loro prove pittoriche più convincenti; Giocondo Albertolli, che decorò lo “Scalone” che collega il pian terreno al piano nobile, e alcuni ignoti pittori che affrescarono la “Cappella”, la “Galleria dei ritratti” e l’”Alcova”, non senza ispirarsi alla cultura figurativa romana ed emiliana.
Estinta la famiglia Arconati , dal 1772 subentrano nella proprietà i Busca, che progettarono interventi sulla villa e il verde pertinenziale eseguiti, però, solo parzialmente intorno la metà del XIX secolo.
Perdute e disperse parti delle storiche raccolte Arconati e degli arredi originari, dal 2000 l’intero complesso è stato acquisito dalla Fondazione Augusto Rancilio, che si impegna nel restauro e recupero dei differenti ambienti della villa e partecipa attivamente al processo di valorizzazione di questa sublime architettura e del suo splendido parco.