Questa piccola stanza, attigua all’imponente “Sala dei Fasti romani”, è caratterizzata da un ricco apparato decorativo costituito da una serie di affreschi che riproducono finte quadrature architettoniche. Sulle pareti si alternano specchiature ornate da motivi geometrico-floreali e lesene decorate con festoni pendenti, sopra le quali poggia un alto fregio diviso su più livelli.
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La parte superiore del cornicione è caratterizzata da una decorazione con plinti ornati da teste di putti alternati a ricchi festoni e cornucopie retti da aquile. Nella parte inferiore, invece, sono collocati riquadrature orizzontali ed echini scanalati, ai quali sono appesi, tramite dei nastri, due finti quadri con cornice. Questi dipinti riprendono a livello di soggetto un tema molto caro ai paesaggisti italiani del XVII secolo, presentando vedute “marine” realizzate seguendo l’illustre esempio dei pittori Nicolas Poussin e Claude Lorrain che, pur mantenendosi all’interno della tradizione classicista cinquecentesca, svilupparono un certo gusto “panico” per la natura, contemplata nelle variazioni atmosferiche e di luce offerte dai paesaggi vicino al mare. Particolarmente significativa è qui la scelta di non collezionare direttamente le marine dipinte su tela, ma di farle riprodurre ad affresco sulle pareti, inquadrate dai lavori di chiaro stampo architettonico dei celebri quadraturisti lombardi Mariani, cui si deve la realizzazione della decorazione di buona parte delle sale del piano nobile di questa stessa villa gentilizia.
Nel finto quadro collocato sulla parete meridionale sono ritratte alcune imbarcazioni (un galeone e una galeazza) in navigazione in un golfo, sullo sfondo del quale si intravede una città con un faro. In primo piano, sotto un albero di robinia, un uomo di spalle osserva la scena, mentre altre persone sono ritratte sulla spiaggia e stipate su una scialuppa diretta verso il galeone; una donna si intrattiene sulla spiaggia con una bambina, che guarda alto nel cielo, e un bimbo trattenuto da una grossa fascia sulle spalle.
Nel dipinto appeso sulla parete settentrionale, invece, sono raffigurate alcune navi attraccate nei pressi di un sontuoso palazzo di cui si scorge il cortile a loggiato con fontana centrale, popolato da piccole figurette che si spostano al suo interno. La nave all’estrema destra della composizione è in fiamme e si sta piegando lateralmente, nella quasi indifferenza totale degli uomini e delle donne a terra. In primo piano un cavaliere e la sua dama stanno scendendo dalle scalinate, che digradano verso l’acqua, per salire a bordo di una piccola imbarcazione, mentre coppie di uomini dagli ampi cappelli parlano tra loro e un giovane cortigiano sembra osservare la scena dell’incendio servendosi di un lungo cannocchiale.
La critica ha avanzato l’ipotesi che i due soggetti – navi sicure e navi che affondano – nascondano una sorta di morale relativa agli imprevisti riservati dal fato e dal mancato aiuto da parte del prossimo. Se tale lettura fosse corretta permetterebbe di datare i dipinti dopo il fatidico 1665, anno in cui Bartolomeo III Arese perse l’amato figlio ed erede. Tuttavia, per essere avvalorata tale ipotesi dovrebbe maggiormente indagare il ruolo delle persone accanto alla nave incendiata, di parziale difficile lettura a causa del non perfetto stato di conservazione dell’affresco.
Nel finto quadro collocato sulla parete meridionale sono ritratte alcune imbarcazioni (un galeone e una galeazza) in navigazione in un golfo, sullo sfondo del quale si intravede una città con un faro. In primo piano, sotto un albero di robinia, un uomo di spalle osserva la scena, mentre altre persone sono ritratte sulla spiaggia e stipate su una scialuppa diretta verso il galeone; una donna si intrattiene sulla spiaggia con una bambina, che guarda alto nel cielo, e un bimbo trattenuto da una grossa fascia sulle spalle.
Nel dipinto appeso sulla parete settentrionale, invece, sono raffigurate alcune navi attraccate nei pressi di un sontuoso palazzo di cui si scorge il cortile a loggiato con fontana centrale, popolato da piccole figurette che si spostano al suo interno. La nave all’estrema destra della composizione è in fiamme e si sta piegando lateralmente, nella quasi indifferenza totale degli uomini e delle donne a terra. In primo piano un cavaliere e la sua dama stanno scendendo dalle scalinate, che digradano verso l’acqua, per salire a bordo di una piccola imbarcazione, mentre coppie di uomini dagli ampi cappelli parlano tra loro e un giovane cortigiano sembra osservare la scena dell’incendio servendosi di un lungo cannocchiale.
La critica ha avanzato l’ipotesi che i due soggetti – navi sicure e navi che affondano – nascondano una sorta di morale relativa agli imprevisti riservati dal fato e dal mancato aiuto da parte del prossimo. Se tale lettura fosse corretta permetterebbe di datare i dipinti dopo il fatidico 1665, anno in cui Bartolomeo III Arese perse l’amato figlio ed erede. Tuttavia, per essere avvalorata tale ipotesi dovrebbe maggiormente indagare il ruolo delle persone accanto alla nave incendiata, di parziale difficile lettura a causa del non perfetto stato di conservazione dell’affresco.