Sala di Semele o Sala con camino che immette alla Galleria

 

La “Sala di Semele” costituisce uno dei luoghi di incrocio tra i differenti percorsi rituali di avvicinamento ai diversi settori che originariamente componevano il palazzo. Essa, infatti, conclude l’area che costituiva il Vestibolo e introduce alla zona “di grande rappresentanza”, tanto che in alcuni documenti questo ambiente è citato anche come “Antisala”.

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La semplice volta a padiglione senza lunette è decorata al centro da un medaglione dipinto ad affresco attribuito dalla critica a Giuseppe Nuvolone (1619-1793) e raffigurante “Semele folgorata da Giove”. Nel dipinto, il padre degli dei appare assiso su una nuvola, con in mano le folgori slegate, mentre ai suoi piedi compare un’aquila. Di fronte a lui si staglia una giovane donna che ricade all’indietro portandosi la mano sinistra alla fronte. Eros, che compare nell’angolo in basso a sinistra della composizione con la faretra ricolma di frecce e l’arco smontato, si copre il volto con le mani per non guardare, mentre un amorino sembra giungere sulla scena dall’angolo opposto del dipinto per impedire che accada il peggio. I racconti mitologici, infatti, narrano che Semele, figlia del re di Tebe Cadmo, morì incenerita dalle folgori di Giove dopo averlo implorato di mostrarsi a lei in tutta la sua potenza. Dalla loro unione, tuttavia, nacque Dioniso-Bacco, che si salverà solo grazie all’intervento del padre che estrasse prontamente il feto dal grembo materno in fiamme, per inserirlo nella sua coscia, nella quale rimase sino al momento della nascita.
L’imprudenza della giovane amante del dio è, dunque, da leggersi come un invito agli ospiti del palazzo a mantenere il dovuto rispetto e contegno con il padrone di casa, la cui fiducia e munificenza doveva essere conquistata e meritata costantemente, senza mai dimenticare il potere che egli aveva raggiunto e che gli era stato concesso per volere divino.
Osservando con attenzione il dipinto, inoltre, gli ospiti attenti potevano cogliere, ancora una volta, la chiara visione politica della famiglia Arese, che qui ribadiva la sua fedeltà alla Spagna. Giove, infatti, è raffigurato con le sembianze di Filippo IV d’Asburgo, re di Spagna e governatore di Milano, noto ai suoi contemporanei come un uomo estremamente attento al protocollo, amante della dignità regale e impassibile in pubblico. Un re, dunque, poco avvezzo in età adulta alle frivolezze e del quale occorreva temere le manifestazioni d’ira.
La volta della sala è decorata da una ricca cornice in stucco che incornicia l’affresco e che, ai quattro angoli, presenta riferimenti araldici delle famiglie Arese, Omodei, Odescalchi e Legnani. Concludono l’impianto decorativo le settecentesche raffigurazioni di cornucopie ricolme di frutta e dall’evidente impianto araldico-borromaiche.