Statue del parco

19CE Statue del parco (2)

 

La “Corte Nobile”, la “Loggia”, la facciata prospiciente il parco e il giardino di Palazzo Arese Borromeo sono ancora oggi ornati da un’articolata serie di mezzibusti e sculture, che hanno subito numerose manomissioni e spostamenti con il passare dei secoli. Allo stato attuale delle conoscenze non è dunque possibile comprenderne pienamente il progetto iconografico-simbolico e architettonico-decorativo originario. Storiograficamente la loro realizzazione risalirebbe intorno al settimo decennio dei Seicento e la loro commessa sarebbe dunque da ascrivere a Bartolomeo III Arese.

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Le statue del giardino comprendono oltre venti sculture a figura intera, la cui collocazione è stata più volte modificata con il trascorrete del tempo e l’avvicendarsi dei differenti proprietari. Alcuni storici non escludono nemmeno che l’intero ciclo possa non essere unitario e che alcune di queste sculture siano frutto di modificazione di precedenti elaborazioni artistiche, alle quali sono state cancellate le scritte identificative e sono stati eliminati gli attributi iconografici più vistosi e caratterizzanti. Le statue disposte all’interno del parco, inoltre, presentano alcuni possibili raggruppamenti mostrando divinità ed eroi mitologici (Ulisse, Meleagro, Ercole, Afrodite, Orfeo, Didone), personaggi biblici (Giuditta, Giosuè) ed eroi storici o letterati (Alcina, Ruggiero, Goffredo di Buglione, Lucrezia, Cleopatra). Oltre a questi sono presenti anche le allegorie dei Vizi e le allegorie delle Virtù, quali l’Affanno, la Gloria, la Fortuna e l’Ozio. Insieme ad esse vi sono poi anche raffigurazioni della Primavera e dell’Estate, e altre sculture di imprecisata identificazione, forse ispirate a temi della cultura classica greco-romana. È dunque probabile che Bartolomeo Arese avesse scelto per la propria dimora piccoli nuclei di sculture tematicamente omogenee, destinati ad arricchire l’ambiente interno della “Galleria delle statue” e gli ampi spazi del giardino, in origine caratterizzati da un’impostazione tipicamente all’italiana, con una suddivisione geometrica della superfice verde mediante l’impiego di filari alberati, fontane, statue e siepi da lasciare all’estro dei maestri topiari.
Per quanto riguarda l’autografia di queste opere, l’artista che la critica ha riconosciuto come maggiormente presente è certamente Giovanni Battista Volpino (notizie 1640-1680), che probabilmente si fece affiancare in quest’opera da altri esponenti del classicismo scultoreo milanese, quali: Giuseppe Vismara, Antonio Albertino, Carlo Simonetta e Dionigi Bussola. Tutti questi artisti in quegli anni erano attivi nella fabbriceria del Duomo di Milano.