Ancora pienamente da indagare, il progetto iconografico e figurativo delle decorazioni settecentesche della villa di delizia di proprietà dei Crivelli mostra oggi solamente alcuni elementi, che solo parzialmente fanno intuire la ricchezza simbolica e politica che esso celava. Nel 1719, infatti, la villa di delizia di Limbiate divenne patrimonio della famiglia Crivelli, originaria di Ponte Tresa.
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Trasferitasi da Cremona, questa nobile famiglia riuscì in breve tempo ad affermare il proprio potere attraverso un’oculata gestione delle amicizie politiche e il commercio, imponendosi come commercianti di acquavite ed ottenendo il monopolio della riscossione della tasse e della vendita del sale.
Acquisita la villa, Giuseppe Angelo Crivelli si affidò per le decorazioni pittoriche al cremonese Giovan Angelo Borroni, pittore già conosciuto e apprezzato dalla famiglia. Giuseppe Angelo Crivelli, infatti, era il suo mecenate e benefattore, che gli aveva anche permesso di studiare a sue spese a Bologna. Il loro rapporto fu, quindi, molto stretto ed il Borroni realizzò diverse opere per le residenze dei Crivelli a Milano e a Cremona.
A Limbiate siamo certi che egli dipinse almeno due sale affrescate, poiché due sue opere sono ancora oggi visibili nell’intradosso delle volte di due sale poste al piano terra. Tra queste, degna di nota è la “Sala di Cerere, Pomona e Saturno”, oggi adibita ad aula scolastica. Questa stanza, infatti, al centro della volta presenta un’opera databile intorno al 1740 raffigurante due figure femminili che stringono tra le braccia rispettivamente delle spighe di grano e un ramo di ulivo. Esse possono essere identificate con Cerere e Pomona, dee della fecondità naturale. Tra di esse Borroni inserì due eroti, bambini alati nudi, i quali rispettivamente reggono una cornucopia di fiori e frutta e un bastone caduceo. La scena è dominata dalla presenza da Saturno, divinità latina dell’agricoltura che identificava l’abbondanza e i cicli della natura, che qui viene dipinto come un uomo anziano, alato, barbuto e munito della falce mietitrice, simbolo della morte e del passare inesorabile del tempo.
Appartenente all’elaborato complesso iconografico voluto dai signori di Limbiate, questo affresco simboleggia il periodo di grande prosperità determinata dalla giustizia e dal buon governo dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo, strappato al mondo dei vivi il 20 ottobre 1740. La circolarità del tempo e il passare delle stagioni, quindi, è un’evidente allusione al ritorno di un periodo di grande floridezza e prosperità, determinato dall’ascesa al trono della figlia Maria Teresa d’Austria.