La facciata meridionale della villa, prospiciente al giardino pertinenziale e, in modo particolare, al “Parterre alla francese” e al “Teatro di Ercole”, fu realizzata per volere del conte Giuseppe Antonio Arconati, nipote di Giuseppe Maria. È molto probabile che per l’esecuzione dei lavori l’Arconati chiamò a lavorare l’architetto Giovanni Ruggeri, che si occupò dell’ampliamento della facciata principale, con l’aggiunta dell’ala sud-ovest, e riprogettò anche il giardino nella zona meridionale. Studi recenti hanno però ridimensionato il suo apporto reale, poiché Giovanni Ruggeri morì intorno al 1731 senza dunque poter concludere l’esecuzione dei lavori, conclusisi certamente prima del 1750. È dunque ipotizzabile che egli sia esclusivamente l’autore del progetto generale, la cui esecuzione fu poi assegnata ad un’altra maestranza attualmente anonima.
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Attorniato da parterres verdi e curati, il fianco della villa assurgeva così quasi il ruolo di inusuale terza facciata. Essa, infatti, non solo appare imponente nella sua dimensione e strutturazione architettonica, ma ha acquisito un ruolo fondamentale nella rappresentazione dell’intera villa in ragione della scenografia vegetale del giardino. Essa, infatti, sorge alla fine del lungo viale di alberi magnificamente organizzato secondo le leggi estetiche dell’ars topiaria, ovvero l’arte di potare e tagliare le piante secondo regole geometriche o una precisa forma figurativa.
La facciata meridionale è caratterizzata da un impianto semplice con scansione dell’ampio volume architettonico suddiviso orizzontalmente da due ordini sovrapposti, separati tra loro unicamente da una leggiadra fascia marcapiano mistilinea che funge anche da incorniciatura inferiore delle aperture del piano nobile dell’edificio.
L’ordine inferiore presenta una regolare serie di portefinestre distribuite secondo rigide regole geometrico-compositive, che esternamente paiono dotate di parapetto in ferro battuto. Sotto ognuna di queste aperture è presenta un’ulteriore finestra rettangolare, semplicemente inquadrata da una lineare incorniciatura. Questa si innesta con la fascia basamentale dell’edificio, con funzione di zoccolatura e d’imposta della facciata. Protette da grate metalliche, alcune di queste aperture sono state trasformate in piccole cancellate d’ingresso agli angusti sotterranei, che avevano principalmente la funzione di areare la soletta del primo piano e le murature dell’edificio e non di divenire depositi e magazzini. Anche le aperture maggiori presentano una cornice aggettante a motivi mistilinei, ripresa, con qualche variazione stilistica, nelle aperture che caratterizzano l’ordine superiore. Queste ultime, tuttavia, si differenziano da quelle dell’ordine inferiore per la presenza di una riquadratura con cornice geometrica leggermente aggettante posta sopra ad ogni apertura.
Grazie alla presenza di alcune finte lesene decorative, caratterizzate da inquadrature mistilinee centrali e dalla divisione determinata dalla fascia marcapiano, la facciata è caratterizzata da ampie campiture verticali digradanti, con l’area maggiore al centro e quelle minori all’estremità.
Impostata su un rigido impianto geometrico la fronte presenta un evidente asse di simmetria centrale che coincide con il portale d’ingresso, inquadrato da due lesene con capitello e mensoloni sporgenti che fungono da sostegno al balcone in ferro battuto del piano nobile, alla porta finestra del primo piano e all’ampia vetrata del belvedere, realizzato sulla sommità dell’edificio. La parte conclusiva della facciata, infatti, presenta un timpano a volute mistilinee, oggi fortemente rovinato, che si innesta su un parapetto con funzione decorativa. Sul timpano è possibile distinguere due oculi rotondi vetrati e una finestra con balcone, che un tempo erano impiegati per illuminare il belvedere e, dall’ultima proprietaria, come personale sala di lettura e meditazione.