La lunga sala attualmente denominata “Galleria dei Ritratti” costituisce un unico ambiente con una piccola “Cappella” posta in adiacenza alle sale destinate ai giochi degli infanti e dei bambini che abitavano la casa. Questo ambiente, dunque, svolgeva la duplice funzione di galleria di opere ritrattistiche e di cappella privata. La presenza di un piccolo luogo di culto in questa sala è documentata sin dalle origini del complesso architettonico ed è ampiamente segnalata nelle fonti storiche del Castellazzo.
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Tuttavia la cappella attuale è certamente il prodotto di numerose modifiche stratificatesi nel tempo, come raccontano anche le decorazioni parietali e realizzate a copertura della pseudo abside. A destra dell’entrata si trova infatti un’ampia nicchia che racchiude un semplice altare, oggi sprovvisto di particolari elementi decorativi. L’interno dello spazio presenta decorazioni con finte architetture dipinte dal forte valore illusinionistico, capaci di creare la sensazione di maggiore profondità, ottenuta anche grazie al dipinto che raffigura una piccola nicchia con all’interno una scultura dipinta a monocromo. La statua rappresenta un’elegante Vergine Maria ritratta in un lungo abito. La Madonna è raffigurata con le mani giunte e lo sguardo rivolto verso il cielo, e poggia i suoi piedi su un piedistallo fatto da nubi e piccoli angioletti. Accanto alla nicchia due vasi dipinti, dorati e dalle grandi anse, carichi di fiori, sono appoggiati su una mensola aggettante coperta da una bianca tovaglia dipinta. Sopra la finta statua tre finestre vetrate aprono illusionisticamente verso il cielo. La sala è dipinta interamente con un gioco di quadrature prospettiche che ricorda da vicino il “Salone dei Galliari” e i più ricchi esempi di pittura scenografica di matrice emiliana. Non conosciamo l’autore di queste decorazioni, ma se ne constata l’abilità nel ricreare due ante con motivi a finto marmo che servivano idealmente per racchiudere lo spazio dell’altare e, soprattutto, la maestria nel creare un grande oculo quadrato sul soffitto da cui si intravede un cielo azzurro.
La parte superiore della sala ricrea una trabeazione di marmo, con mensoline a voluta che reggono una straordinaria balconata su cui sono appoggiati vasi di fiori dipinti con grande realismo ed abilità prospettica.
Accanto a questa illusoria architettura, sul soffitto, sono dipinti a monocromo dei medaglioni in finto stucco, oggi molto rovinati, in cui si stenta a riconoscere quella che sembra essere una figura maschile a cavallo, con rimandi all’antico. In un altro medaglione dipinto compare invece il motto “Obis e Talys”.
Alle pareti di questa lunga sala erano appesi i ritratti della famiglia Arconati, oggi scomparsi e dispersi, che dovevano illustrare, in un misto di sacro e profano, la genealogia e l’interesse per l’arte di questa famiglia di eccellenti committenti, amanti dell’arte e significativi collezionisti.